mercoledì 31 ottobre 2012

IL RAGIONIER FORSE: SIGARI E NOCI



Sigari e noci


È giorno di lavoro per il ragionier Forse, che deve visitare vari uffici, in una grande città.

Si intravede e si riconosce subito, appena salita la scala che porta alla metropolitana: un noce piuttosto alto sancisce l'inizio del viale. Sui suoi rami sottili e leggermente contorti fanno belle mostra di sé molte noci acerbe, verdi, piene e tondeggianti.
Lo raggiunge il ragioniere, e si ferma per un momento ai suoi piedi; per terra si trovano parecchi di quei frutti, alcuni ancora integri ma con grosse macchie nere, altri mezzo maciullati dai piedi dei passanti.
Silvano Forse raccoglie da terra una noce e ne annusa il profumo pungente, somigliante a quello di un agrume. Gli viene in mente che l'anno scorso ne aveva aperta una con le dita: il liquido scuro che ne fuoriuscì macchiò le sue mani per giorni e giorni, non andava via. Sua moglie, quando lo vide, proruppe in una sfuriata: "non sei più un bambino!"; giunse per fino a sfregargli le mani lei stessa, con una spazzola pregna di sapone.

Il ragioniere posa la noce (rifugge dalla giocosa tentazione di infilarla in una tasca del cappotto) e si avvia camminando un po' curvo, al centro del viale, con la sua valigetta di pelle lucida, ma leggermente logora.
Scorge una tabaccheria, ne sente l'odore. Sono ormai più di vent'anni che Forse non fuma più. I sigari sottili e scuri che prima acquistava abitualmente probabilmente ora non saranno neanche più in commercio.
A Silvano piaceva tenere in bocca il sigaro spento e assaporare il sapore, l'odore. Odore di febbre. Così gli era parso la prima volta che aveva annusato del tabacco, in casa di suo nonno.
Aspirando il fumo del sigaro il ragioniere provava un malessere leggero, ma diffuso. Pareva gonfiarsi il torace, ingrandirsi il cuore; il sangue sembrava addensarsi, farsi bollente: bussava alle sue tempie. Sentendosi male, si sentiva più palpitante, più vivo.
Ma vent'anni fa, quarant'anni fa, era -forse-  un po' diverso.
Silvano Forse, quando camminava per la città, percepiva nessi, connessioni, rimandi. Ed ad ogni rimbalzo del suo sguardo, ogni piccola vertigine sonora nei suoi orecchi lo confortava, lo trascinava, capiva.
Sentiva, forte rimbombare nei suoi organi quello che i greci chiamavano logos, discorso. Si parlava anche di lui; si parlava soprattutto di lui!
Il sigaro, il tabacco, permetteva di rintanarsi in un cantuccio, calmierare così quel discorso tonante. Lo sfrigolio del fiammifero, il calore che scottava le punta delle dita, il fumo negli occhi, il puzzo di cui si impregnavano i vestiti, smussavano gli spigoli di quella realtà; la addolcivano, la schermivano, e a volte lei si lasciava schermire, spesso sorridendo, ironicamente.

Ma il fumo fa male. E Forse si trovò nei guai.
Negli ultimi mesi, dopo l'operazione, quando la decisione di smetterla con i sigari era perentoriamente presa (da lui in prima persona), si ritrovo a consumare le ultime scatole che erano rimaste; di nascosto, facendo in modo che sua moglie non se ne accorgesse.
In quei momenti al malessere generato dalla nicotina si aggiungeva quello del senso di colpa; il gesto si caricava di trasgressione, e la sensazione di soffocamento febbricitante aumentava.

Ultimamente sua moglie gli ripete spesso: "tanto tu sembri proprio non capire", oppure, in tono sprezzante: "tanto tu non capisci!". Ha perfettamente ragione: Silvano Forse non capisce più, e probabilmente non capiva neanche prima. Cammina per un lungo viale e non percepisce più nessun logos. Non servirebbe a niente ricominciare a fumare.
Avanza sull'asfalto umido su cui le molte foglie cadute vi sono appiccicate e stanno marcendo.
Cammina, sulla linea di un oblio che infragilisce e imbratta ogni gioia, in una realtà cenciosa e bastarda.
Un uomo a metà, un ragioniere in Forse.

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