Una triste storia… che è una fiaba: l’esperienza di
Il paese, così è scritto nei testi, ha la pianta a forma di stella, racchiusa da una fortificazione progettata da ingegneri italiani.
E infatti, nel tempo si trasformò in una guarnigione militare: via le case, sostituite da capannoni, che a stento si ‘incorniciarono’ nel dolce paesaggio circostante.
Durante la seconda guerra mondiale, Terezìn venne trasformata dai nazisti in un ghetto in cui furono rinchiusi gli ebrei, in attesa di essere trasportati nei campi di sterminio: una specie di ‘ghetto modello’, utile per la propaganda, da mostrare agli stranieri, alle diplomazie degli altri Paesi: una finzione macabra e grottesca, una vera ‘casetta di marzapane’ : bella e terribile, con una brutta strega divora-bambini come abitante.
A Terezìn dapprima furono rinchiusi ebrei della Boemia e della Moravia, poi da tutta Europa.
Ciascuno degli abitanti della città era stato condannato a morte senza saperlo, addirittura qualcuno ancora pensava che, passata la guerra, avrebbero potuto riprendere a condurre una vita normale.
C’era invece chi sapeva tutto e non osava svelare il drammatico segreto a nessuno, forse per non privare quella povera gente delle loro speranze.
Gli unici a non sapere erano i bambini; sì, erano già stati cacciati da scuola, avevano il permesso di giocare solo nei cimiteri; la vita dei loro stessi genitori era cambiata: avevano perso ogni loro avere, si dormiva per terra, in totale promiscuità… ma non era poi tutto così terribile, se visto con occhi da bambino.
Ebbene, in questa città avvenne qualcosa di straordinario, un miracolo, il Miracolo, la Grande Utopia per cui da allora il nome Terezìn è ben più del nome di una cittadina, di un ghetto.
Gli adulti più colti decisero di avviare una serie di attività culturali con cui dare nutrimento al desiderio di vivere, di conoscere, di crescere, nonostante tutto e tutti:
nel ghetto isolato dal mondo si udirono le note di concerti, i versi, le opere teatrali, le letture, le commedie, furono realizzate mostre e composti poemi.
Dapprima tutto questo avveniva in segreto, poi più o meno tollerato, alla fine sfruttato dal regime nazista, che poteva usarlo per la propaganda (da Che genere di scuola - op. cit.).
I bambini parteciparono attivamente alle attività, componendo poesie e realizzando disegni, sotto la guida di alcune vere e proprie personalità della cultura ebraica.
Il maestro di disegno e pittura fu Freidl Dicker-Brandejs, pittrice e insegnante d’Accademia, che ‘diresse’ la scuola dal 1941 al 1945.
Le classi erano ‘aperte’, non divise nettamente per fasce d’età; durante le lezioni di disegno, i bambini venivano divisi in due gruppi, a cui l’insegnante assegnava temi da esprimere in totale libertà.
Così, questi bambini costretti a vivere in condizioni di continua paura, di estrema precarietà, privati del loro tempo e del loro mondo, del conforto e della rassicurazione della famiglia… i bambini di Terezìn componevano poesie, recitavano, disegnavano.
Bambini impauriti, bambini separati dai loro genitori erano a poco a poco trasportati lontano, nel mondo della poesia, dei colori e dei disegni, accolti da una collettività che si stringeva intorno (op. cit.).
Era un modo per sfuggire dalla realtà, una specie di terapia, la possibilità di vivere altri mondi dentro al ghetto, attraverso quella facoltà alla quale nessuno può impedire l’accesso, nemmeno dietro le sbarre di un carcere o i confini angusti di un ghetto: la Fantasia e, con lei, la Speranza.
E questa ‘terapia’ funzionò non solo per i bambini che, essendo all’oscuro del reale progetto che li attendeva, potevano nutrire la Speranza di illusioni e fiducia, ma anche per gli insegnanti che, dovendo e costringendosi a mostrare vitalità, gioia, distoglievano il proprio pensiero dal futuro, nella necessità di creare un presente per i bambini di Terezìn.
I disegni dei bambini di Terezìn possono oggi essere visitati nella sinagoga di Praga, lo Zdovke Muzeum dove tante sono le testimonianze dell' atroce sterminio degli ebrei polacchi.
I BAMBINI DI TEREZIN MORIRONO QUASI TUTTI NEI LAGER DOVE VENIVANO PORTATI A PICCOLI GRUPPI.
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