martedì 30 giugno 2015

SECONDA VISIONE, A CURA DI PIERO FOCARETE, QUESTA SETTIMANA IL FILM SCELTO E' S.O.B. DI BLAKE EDWARDS

S.O.B. (1981) di Blake Edwards     


          
Il titolo può significare almeno tre cose: Son Of a Bitch (“figli di puttana”), Standard Operational Bullshit (che pressappoco vuol dire “stronzata confezionata in serie”) oppure semplicemente un triste singhiozzo.
A giudicare dalla trama, in cui peraltro Blake Edwards mise moltissimo della sua vita, tutte e tre le interpretazioni parrebbero opportune: la storia è quella di Felix Farmer (Richard Mulligan), un famoso regista di musical per famiglie, che
cade in una profonda crisi personale e professionale dopo il flop del suo ultimo film, la cui protagonista è la moglie Sally Miles (Julie Andrews); dopo che tutti, compresa la sua consorte, gli hanno voltato le spalle, e dopo qualche comico tentativo di suicidio, l’uomo ha un lampo di genio: trasformare il musical in un porno. Con l’aiuto (interessato) dell’ex moglie e del produttore, l’operazione avrà successo, ma l’uomo pagherà ciò addirittura con la vita.
Fra i numerosi esempi di “cinema nel cinema” (uno fra tutti Otto e mezzo di Fellini), quello di Edwards è forse il più velenoso. Il motivo è probabilmente che la storia personale del regista ha molto in comune con quella del protagonista: dopo grandi successi come Colazione da Tiffany (1961) e Hollywood Party (1968),Edwards aveva inanellato, nella prima metà degli anni Settanta, una serie di fiaschi che gli avevano progressivamente chiuso le porte del “cinema che conta”; solo qualche anno più tardi,  grazie alla fortunata serie de La pantera rosa, con Peter Sellers, e a 10 (1979) con Bo Derek, il regista era riuscito a riguadagnare terreno: Sob rappresenta, in un certo senso, la sua vendetta nei confronti dello show business, principalmente hollywoodiano, che unicamente in nome del denaro è in grado, dall’oggi al domani, di innalzare e ridurre in polvere chiunque, dal genio alla nullità, senza alcuna considerazione dell’aspetto umano (fra gli svariatissimi riferimenti a tale “disumanizzazione” troviamo, nel film, la costante presenza del corpo inerte, potremmo dire “senz’anima”: il vecchio attore che muore facendo footing sulla spiaggia nelle scene iniziali, e il cui cadavere viene totalmente ignorato dalla gente che gli passa accanto; i corpi di ragazzi e ragazze senza arte né parte, disposti a offrirsi nei festini al produttore di turno, pur di avere una scrittura; le sbronze e le siringate di droga, tipiche degli anni 70-80, che fanno perdere al soggetto di turno ogni freno inibitore e volontà; il cadavere del protagonista, che viene grottescamente trafugato dai suoi amici per ricevere una degna e autentica sepoltura, sottraendolo all’ipocrita teatralità dei funerali ufficiali).
Altro importante elemento autobiografico è la moglie (Julie Andrews), che sia nella vita sia nel film, è un’attrice principalmente conosciuta per musical edulcorati (pensiamo a Mary Poppins o a Tutti insieme appassionatamente) e che si ritrova costretta, per ragioni di mercato, a far emergere il lato più spregiudicato e conturbante della propria personalità: da antologia la scena in cui lei, dopo varie reticenze (e una bella iniezione di anti-inibitori), per la prima volta nella sua carriera si mostra al pubblico a seno nudo.
Lo stile di Edwards è il suo di sempre, brillante: la storia, per quanto tragica, è raccontata con grande leggerezza e ironia; tuttavia si respira un’atmosfera crepuscolare e pessimistica, i paesaggi e le ambientazioni non sono mai luminosissimi, ma lasciano sempre intravedere un velo di ombra, di tramonto; la componente sonora è ridotta al minimo: più che altro prevalgono i suoni del quotidiano, della realtà, mentre la colonna sonora è quasi assente. E’ un Blake Edwards disincantato, disilluso, che sembra non credere più in niente e in nessuno, tanto a livello professionale quanto a livello personale: come generalmente avviene per i testamenti artistici, Sob fu ripagato con un buon successo, non esplosivo ma crescente negli anni. Da servire freddo, come qualsiasi vendetta.
Voto: 8

Piero Focarete

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