sabato 27 giugno 2015

LA FAVOLE DEL WEEK END, LA BELLA E LA BESTIA SECONDA PARTE

LA BELLA E LA BESTIA - di Charles Perrault (traduzione di Carlo Collodi)

SECONDA PARTE


"Vorrei piuttosto morire", disse il mostro, "che darvi un dispiacere; io vi manderò da vostro padre: voi resterete con lui e la vostra Bestia morirà di dolore."

"No", rispose la Bella piangendo, "io vi voglio troppo bene per essere cagione della vostra morte. Vi prometto di ritornare fra otto giorni. Mi avete fatto vedere che le mie sorelle sono maritate e che i miei fratelli sono partiti per l'armata. Il mio povero padre è rimasto solo; lasciatemi almeno una settimana con lui."

"Domattina ci sarete", disse la Bestia, "ricordatevi delle vostre promesse. Quando vorrete tornare, non dovete far altro che posare il vostro anello sopra la tavola nell'andare a letto. Addio, Bella."

La Bestia, mentre parlava così, sospirò secondo il suo uso solito, e la Bella andò a letto, tutta dispiacente di avergli dato questo dolore.

Quando si svegliò la mattina dopo, si trovò in casa di suo padre; e avendo suonato il campanello accanto al letto, vide venire la serva, la quale cacciò un grand'urlo di sorpresa.

Il buon uomo di suo padre, a quell'urlo, corse subito, e nel rivederla, ci mancò poco non morisse dalla contentezza: e stettero abbracciati per più di un quarto d'ora.

Sfogate le prime tenerezze, la Bella pensò che non aveva vestiti per potersi levare, ma la serva le disse di aver trovato nella stanza accanto un gran baule pieno di vestiti, tutti d'oro e ornati di brillanti.

La Bella ringraziò la buona Bestia delle sue attenzioni: scelse fra quei vestiti il meno vistoso e ordinò alla serva di riporre gli altri, dei quali intendeva farne un regalo alle sorelle: ma appena ell'ebbe pronunziate queste parole, il baule sparì. Peraltro suo padre avendole detto che la Bestia voleva che ella serbasse per sé ogni cosa, il baule ritornò al suo posto.

La Bella si vestì, e in questo mentre furono avvertite le sue sorelle, le quali corsero subito insieme ai cari mariti. Tutte e due avevano combinato molto male! La maggiore aveva sposato un gentiluomo, bello come un amore, ma tanto innamorato di sé, che dalla mattina alla sera non faceva altro che guardarsi allo specchio, senza curarsi né punto né poco della bellezza della moglie.

La seconda aveva sposato un uomo che aveva molto spirito, ma se ne serviva soltanto per essere la disperazione di tutte le donne, cominciando da sua moglie.

Le sorelle di Bella quando la videro vestita come una Regina e bella come un occhio di sole, se non creparono dalla rabbia, fu un miracolo.

Ella ebbe un bell'accarezzarle; nulla poté ammansire la loro gelosia; la quale anzi si accrebbe a cento doppi, quando raccontò quanto era felice.

La due invidiose scesero in giardino per potersi sfogare a piangere, e dicevano:

"O perché quella ragazzuccia è più fortunata di noi? Non siamo forse più
graziose e più belle di lei?".

"Cara sorella", disse la maggiore, "mi viene un'idea: facciamo di tutto per trattenerla qui per più di otto giorni; la sua stupida Bestia anderà sulle furie per la parola non mantenuta e forse la divorerà per castigarla."

"Dici bene, sorella", rispose l'altra, "ma perché la cosa riesca, bisogna cercare di ammaliarla con molte moine."

Preso questo partito, risalirono in casa tutt'e due e cominciarono a fare tante e poi tante garbatezze alla sorella, che questa ne pianse di consolazione. Passati che furono gli otto giorni, le due sorelle si strapparono i capelli e diedero segni di disperazione per la partenza di lei, che ella finì col promettere di trattenersi altri otto giorni.

Intanto la Bella rimproverava a se stessa il dolore che stava per dare alla sua povera Bestia, che essa amava davvero e che ora era dispiacente di non poterla vedere. La decima notte che ella passò in casa del padre, sognò di trovarsi nel palazzo e di vedere la Bestia distesa sull'erba, vicina a morire, e che le rinfacciava la sua ingratitudine.

Bella si destò tutt'a un tratto e pianse: "Non son io molto cattiva" essa diceva "di dare questo dispiacere a una Bestia, che è stata tanto buona con me? » colpa sua se è così brutta e se ha poco spirito? Ella è buona: e questo val più d'ogni cosa. Perché non ho io voluto sposarlo? Io sarei più felice con lui che le mie sorelle coi loro mariti. Non è la bellezza né lo spirito di un marito che rendono felice una donna; ma la bontà del carattere, la virtù e le buone maniere: e la Bestia ha tutte queste belle cose. Io non sento amore per essa ma la stimo, e ho per lei amicizia e riconoscenza. Ma non debbo renderla disgraziata: questa ingratitudine sarebbe per me un rimorso per tutta la vita".

Dette queste parole, la Bella si leva, mette l'anello sulla tavola e ritorna a letto. Appena coricata si addormentò e, svegliandosi la mattina, vide con gioia di essere nel palazzo della Bestia.

Si messe i vestiti più belli per andarle a genio anche di più, e s'annoiò mortalmente nella smania di aspettare che arrivassero le nove ore di sera: ma l'orologio ebbe un bel suonare le nove: la Bestia non comparve.

La Bella allora temé di averle cagionato la morte: e disperata si dette a girare per tutto il palazzo, mandando altissimi pianti.

Dopo aver cercato dappertutto, si ricordò del sogno e corse in giardino, vicino al fiume, dove dormendo, l'aveva veduta.

E difatti fu lì che trovò la povera Bestia distesa per terra priva di sensi: talché la credette morta. Senza provar ribrezzo di quella brutta figura, si gettò tutta sopra lei, e avendo sentito che il cuore batteva sempre, prese dal fiume un po' d'acqua e le bagnò la testa.

La Bestia aprì gli occhi e disse alla Bella: "Voi avete dimenticata la vostra promessa: e il gran dolore di avervi perduta mi ha fatto decidere a lasciarmi morir di fame: ma ora muoio contenta, perché ho avuto la consolazione di potervi rivedere".

"No, mia cara Bestia, voi non morirete", le disse la Bella, "voi vivrete per diventare mio sposo: da questo momento io vi do la mia mano, e giuro che non sarò d'altri che di voi. Ohimè! io credeva di non aver per voi che dell'amicizia, ma il dolore che sento mi fa credere che non potrei più vivere senza vedervi."

Appena la Bella ebbe pronunziato queste parole, ecco che tutto il castello appare risplendente di lumi: i fuochi di artifizio, la musica, ogni cosa annunziava una gran festa. Ma queste meraviglie non incantarono punto i suoi occhi: ella si voltò verso la sua cara Bestia, il cui pericolo la teneva in tanta agitazione. E quale fu il suo stupore! La Bestia era sparita, ed essa non vide ai suoi piedi che un Principe bello come un amore, il quale la ringraziava per aver rotto il suo incantesimo. Sebbene questo Principe meritasse tutte le sue premure, ella non poté stare dal chiedergli dove fosse la Bestia.

"Eccola ai vostri piedi", le disse il Principe, "una fata maligna mi aveva condannato a restare sotto quell'aspetto finché una bella fanciulla non avesse acconsentito a sposarmi, e mi aveva per di più proibito di far mostra di spirito. Così in tutto il mondo non ci voleva che voi, per lasciarsi innamorare dalla bontà del mio carattere: ed offrendovi la mia corona, non posso sdebitarmi del gran bene che mi avete fatto."

La Bella, piacevolmente sorpresa, porse la mano al bel Principe perché si rialzasse in piedi. E andarono insieme al castello, dov'essa ci mancò poco non si sentisse svenire dalla gioia, trovando nella gran sala il padre suo e tutta la sua famiglia, tra sportata al castello da quella bella Signora che le era apparsa in sogno.

"Bella", le disse questa Signora, che era una fata e di quelle coi fiocchi, "venite a ricevere la ricompensa della vostra buona scelta: voi avete preferito la virtù alla bellezza e allo spirito, e meritate per questo di trovare tutte quelle cose raccolte in una sola persona. Voi state per diventare una gran Regina: ma spero che il trono non vi farà scordare le vostre virtù. Quanto a voi, mie care signore" disse la fata alle due sorelle della Bella "conosco il vostro cuore e tutta la cattiveria che c'è dentro: diventerete due statue; ma nondimeno serberete il lume della ragione sotto la vostra forma di pietra.

Starete alla porta del palazzo di vostra sorella; e non vi impongo altra pena che quella di essere testimoni della sua felicità. Non potrete ritornare nello stato primiero, se non quando riconoscerete i vostri errori: ma ho una gran paura che dobbiate restare statue per sempre. Si può correggere l'orgoglio, le bizze, la gola, la pigrizia; ma la conversione di un cuore invidioso e cattivo è una specie di miracolo."

Nel dir così, diede un colpo di bacchetta, e tutti quelli che erano in quella sala, furono trasportati negli Stati del Principe. I suoi sudditi lo rividero con gioia, ed esso sposò la Bella, che visse con lui lungamente e in una felicità perfetta, perché era fondata sulla virtù.


COMMENTARIO
La bella e la bestia, illustrazione di Walter Crane

La bella e la bestia (titolo francese: La belle et la bête) è una famosa fiaba europea, diffusasi in molteplici varianti, le cui origini potrebbero essere riscontrate in una storia di Apuleio, contenuta ne L'asino d'oro (conosciuto anche come Le metamorfosi) e intitolata Amore e Psiche.  Le somiglianze con l’antica Grecia sono infatti rilevanti.

1.    Alcune fonti attribuiscono la ricreazione del racconto originale a Giovanni Francesco Straparola e apparve nel suo libro di racconti Le piacevole notti, nel 1550. Una antica versione francese descriveva il padre come un re e la bestia come un serpente.

2.    Charles Perrault rese popolare la storia nella sua raccolta Contes de ma mere l'oye (I racconti di mamma Oca), nel 1697. Anche altri autori, come Giambattista Basile nel Pentamerone, o Madame d'Aulnoy con il suo Le Mouton (La pecora), proposero delle variazioni della stessa storia. Perrault inaugurò una tendenza che si allontanava da questa forma tradizionale di narrar storie, e le donne che lo seguirono, Lhéritier, Madame d'Aulnoy, Beaumont, andarono ancora più in là. Il più umile degli uomini, nei loro racconti, era un cavaliere; i pastori erano principi mascherati e la maggior parte dei protagonisti erano sempre re o regine. Tali influenze nella storia spiegano le differenze esistenti tra la versione prima de La bella e la bestia, attraverso gli scrittori francesi, e le versioni più tradizionali.

3.    La prima versione scritta che sviluppa il racconto così come lo conosciamo oggi fu pubblicata nel 1740 dalla scrittrice francese Gabrielle-Suzanne Barbot de Villeneuve, ne La jeune américaine, et les contes marins. Era una serie di racconti narrati da una anziana signora durante un lungo viaggio per mare. Villeneuve scriveva fiabe basate sul folclore europeo, per intrattenere amici e conoscenti nei balli e nei salotti.

4.    L'aristocratica francese Jeanne-Marie Leprince de Beaumont (1711 - 1780) era emigrata in Inghilterra nel 1745, dove iniziò a lavorare come insegnante e scrittrice di libri sull'educazione e la morale. Avendo letto la novella di Villeneuve, la abbreviò in larga misura e la pubblicò nel 1756 come parte della collezione Magasin des enfants, ou dialogues entre une sage gouvernante et plusieurs de ses élèves. Prendendo gli elementi chiave della storia originale, Beaumont omise molte scene delle origini o delle famiglie dei protagonisti e modificò la scena della trasformazione della bestia, che nell'originale di Villeneuve avviene dopo la notte di nozze (ehm…). Avendolo scritto come racconto educativo per i suoi alunni, molti dei dettagli scabrosi o sovversivi dell'originale furono soppressi (come accadde con quasi tutte le altre fiabe che ci sono state trasmesse). La versione di Beaumont, dunque, fu considerata la più caratteristica, al punto tale che, già soltanto un anno dopo, nel 1757, fu tradotta in inglese, con il titolo The Young Misses Magazine, Containing Dialogues between a Governess and Several Young Ladies of Quality, Her Scholars. La tradizione francese di quell'epoca consisteva nell'elaborare storie quotidiane, con una tendenza a svilupparle su uno sfondo di emozioni umane al posto degli elementi magici. Si eliminava tutto quanto fosse sanguinoso o crudele e si scriveva in forma diretta e concisa, con uno stile sobrio e privo di ornamenti. Gli scrittori francesi di racconti adattarono le loro storie al proprio gusto classico, logico e persino razionale.

TRAMA

VERSIONE DI BEAUMONT

Un ricco e vedovo mercante viveva in una città insieme alle sue tre figlie. Due erano presuntuose e vanitose, mentre la più giovane, che per la sua avvenenza avevano chiamato Bella, era umile e pura di cuore. Tutte e tre le fanciulle potevano vantare un gran numero di pretendenti, ma mentre le prime due, che desideravano sposarsi con un nobile, rifiutavano tutti i giovani indistintamente, Bella si intratteneva con loro in amabile conversazione, prima di rifiutarli con gentilezza. Un giorno il mercante perse improvvisamente tutte le sue ricchezze e da quel momento più nessun pretendente fu visto avvicinarsi alle fanciulle, se non talvolta a Bella, la quale comunque continuò a rifiutarli dolcemente. Il mercante, dunque, si trasferì con le sue figlie nelle campagne della provincia, dove vissero per alcuni anni.

Un giorno egli venne a sapere che una delle sue navi mercantili era riuscita ad arrivare in porto, dopo essere scampata alla distruzione dei suoi compatrioti. Così decise di tornare in città per cercare di scoprire se nella nave era rimasto qualcosa di valore. Prima di partire, chiese alle figlie se desideravano qualcosa in dono. Pensando che la fortuna stesse tornando a sorridergli, le due figlie maggiori domandarono gioielli e vestiti sfarzosi. Bella, invece, si accontentò di chiedere una rosa, di quelle che non crescevano nella parte del paese in cui vivevano. Arrivato in città, il mercante scoprì che il carico della nave era stato venduto per pagare i suoi debiti e, pertanto, non ebbe più nemmeno un soldo per comprare alle figlie ciò che aveva loro promesso.

Triste e sconsolato, fece ritorno a casa, ma durante il cammino fu sorpreso da una bufera di neve nel mezzo di un bosco e così fu costretto a cercare rifugio in un enorme castello apparentemente abbandonato. Perlustrando il maestoso maniero, si accorse che esso era pulito e ben arredato, ma stranamente non riuscì a trovarvi né servi né sentinelle. Uno dei terrazzi si affacciava su un meraviglioso giardino, in cui poté vedere un bel roseto in fiore. Così si ricordò della promessa che aveva fatto alla figlia minore e corse a cercare la rosa più bella. Ma mentre stava per coglierla, fu sorpreso dal padrone del castello, che era una enorme e terribile bestia, il quale gli rimproverò di aver ricambiato la sua generosa ospitalità con un tentativo di furto e sentenziò che per questo ora meritava la morte. Il mercante tentò di giustificarsi raccontandogli del desiderio della sua bella figlia, ma la bestia non volle sentire ragioni e decise di risparmiargli temporaneamente la vita a patto che al suo posto egli portasse al castello la giovane, altrimenti sarebbe dovuto ritornare a saldare il suo debito di lì a tre mesi.

Preso un baule colmo di ogni ricchezza che la bestia aveva voluto concedergli, il mercante tornò a casa con una gran pena nel cuore, pensando però che almeno sarebbe riuscito a salutare le sue figlie per l'ultima volta prima di morire. Giunto a destinazione, raccontò l'accaduto alle fanciulle e Bella, resasi conto che la colpa di tale disgrazia era solo sua, si offrì di andare al castello al posto del padre, per la gioia delle sorelle che in un colpo solo si sarebbero liberate dell'odiosa rivale e avrebbero riconquistato le ricchezze perdute.
Dopo lunghe discussioni, Bella si recò al castello insieme al padre, al quale la bestia concesse la libertà, intimandogli di non tornare mai più. Con la giovane, invece, si dimostrò cortese e gentile e le offrì di vivere per sempre nel suo castello, circondata di tutte le ricchezze in suo possesso, pensando che così non avrebbe mai potuto desiderare di tornare nella casa paterna. Le regalò anche uno specchio magico, in cui avrebbe potuto in ogni momento vedere la sua famiglia. Tutte le sere domandava a Bella se voleva sposarlo, ma la giovane, per non mortificarlo, gli rispondeva che gli voleva bene e che sarebbe stata sempre sua amica.

Dopo qualche mese Bella vide nello specchio magico che suo padre si era ammalato e pregò la bestia di lasciarla andare a casa perché potesse tenergli un po' compagnia. La bestia alla fine acconsentì, ma la pregò di tornare dopo una settimana, altrimenti sarebbe morto di dolore. Il giorno seguente, al risveglio, Bella si ritrovò in camera sua nella casa del padre, che la accolse con gran gioia, meravigliandosi che fosse ancora viva. Le due sorelle, sposate ma tutt'altro che felici, invidiarono non poco la fortuna della giovane, vedendola in carne e ossa e per di più agghindata come una regina. Così cominciarono a tramar vendetta: trascorsa una settimana, infatti, le chiesero di restare qualche giorno in più, fingendo di piangere disperate. Commossa, Bella acconsentì, ma cominciò ben presto a sentirsi in colpa per aver infranto la sua promessa con la bestia.

Così ritornò al castello, dove trovò la bestia agonizzante di dolore, e lo pregò di non morire perché voleva sposarlo. Appena pronunciate queste parole, la bestia sparì e al suo posto comparve un bellissimo principe, a cui una strega tempo prima aveva fatto un incantesimo, trasformandolo in quell'orribile mostro che Bella aveva conosciuto. La maledizione si sarebbe spezzata solo quando una donna avesse voluto sposarlo. Bella e il principe vissero felici per il resto della loro vita insieme al padre della giovane, mentre le due malvagie sorelle furono trasformate in statue, così che potessero assistere alla felicità altrui finché non si fossero pentite della loro cattiveria (cioè mai, secondo l’intendimento finale del racconto, che è anche la morale secondo la quale dalla cattiveria pura non si può guarire. La fata alla fine del racconto infatti dice: ” Si può correggere l'orgoglio, le bizze, la gola, la pigrizia; ma la conversione di un cuore invidioso e cattivo è una specie di miracolo").

VERSIONE PRECEDENTE DI VILLENEUVE

La versione originale di Villeneuve è molto più estesa di quella di Beaumont. In quasi 400 pagine, infatti, Villeneuve fornisce numerosi dettagli che Beaumont omette e che riguardano fondamentalmente il trascorso familiare sia di Bella che del principe. In questa versione, Bella era la figlia del re delle Isole Felici e di una fata buona. Ma una strega malvagia s'era invaghita del monarca dell'Isola Felice e così, imprigionata la madre della principessina, la megera decise di eliminare l'ultimo ostacolo che si frapponeva fra lei e il suo amore. Per questo motivo, il padre fece nascondere la propria figlia, cercando di farla passare per una delle figlie - che davvero era morta - di un ricco commerciante. Il Principe, invece, perse il padre in tenera età e non poté godere nemmeno dell'amore materno, poiché la regina era impegnata in una guerra per la difesa del regno e lo lasciò alle cure di una maga. Questa tentò in tutti i modi di sedurre il giovane, una volta adulto, ma questi la rifiutò e fu così trasformato in una orrenda bestia.

Quasi la metà della storia di Villeneuve è incentrata sulle guerre tra streghe e re e propone una visione del castello molto più oscura e magica di quella tradizionale.
Beaumont decise di omettere completamente lo sfondo familiare e tragico, svincolandosi dal messaggio che Villeneuve volle dare alla propria storia: un'aspra critica della società contemporanea, in cui le donne erano costrette a sposarsi per convenienza, con dei mariti che erano talvolta ben peggiori della Bestia. Eliminando tutti i personaggi secondari, Beaumont adattò, o riadattò, la storia, riducendola a una semplicità quasi archetipica e seguendo gli stessi schemi delle numerose varianti precedenti della fiaba.
La versione di Beaumont è quella che si considera tradizionale ed è stata la più diffusa e conosciuta. Tutte le interpretazioni, gli adattamenti e le versioni successive si basano su questa versione e non su quella originale di Villeneuve.

INTERPRETAZIONE

Innanzitutto, la fiaba simboleggia l'animalità esistente nella condizione umana, poiché in moltissimi miti e racconti popolari si narra di un principe trasformato, attraverso una stregoneria, in un animale selvaggio o in un mostro, che viene liberato dall'incantesimo dal bacio e dall'amore di una fanciulla.
La bella e la bestia può essere interpretata come il raggiungimento della maggiore età e la conquista della sessualità di una bambina. Considerando l'amore del padre, che l'adorava al di sopra delle altre sorelle, come un amore puro, la piccola percepisce la sessualità come qualcosa di perverso: ogni uomo che provi un desiderio sessuale nei suoi confronti è una bestia. Solo dal momento in cui Bella riesce ad assimilare le relazioni sessuali come umane e adulte, può raggiungere la felicità. Tuttavia, una variante di questa interpretazione vorrebbe che il sentimento della bestia fosse primitivo e brutale, ma l'amore della donna lo trasforma in qualcosa di umano e misurato, che nel racconto sarebbe simboleggiato dalla trasformazione fisica della bestia in principe.

La fiaba è stata anche interpretata come critica dei matrimoni di convenienza. Le prime versioni, infatti, furono scritte da persone di classe sociale alta dell'ancien régime francese, dove tali unioni erano abituali. Nella narrazione di questa fiaba si osserva, come metafora, il matrimonio di una fanciulla molto giovane con un uomo molto più grande di lei, senza il suo consenso. La fiaba critica queste pratiche, ma allo stesso tempo rivendica che, se le donne cercano nell'interiorità dei loro anziani mariti, possono trovare l'essere buono che si nasconde dietro l'apparenza della bestia. O che esse stesse possano rendere possibile la trasformazione mediante il loro amore.
La storia de La bella e la bestia appare in molte altre culture in varie forme. Aarne-Thompson conta 179 racconti di diversi paesi con un tema simile. Generalmente ci sono tre sorelle; la più giovane, Bella, è pura e buona, mentre le altre due mostrano alcuni dei peggiori tratti umani: avarizia, invidia, superbia.

Bella non ha alcun nome, è semplicemente la più giovane delle sorelle e le viene dato il soprannome di Bella per la sua avvenenza e perché è la preferita di suo padre. Si noti anche che non compare mai la figura materna, ovviando così ai conflitti generati dal fattore logico che una tale figura si rifiuterebbe di far vivere la figlia con un mostro. Allo stesso tempo, si fa sì che la relazione con il padre, normalmente ricco, sia molto più stretta e renda possibile lo sviluppo della narrazione. Benché la bestia, nelle varie versioni, abbia diverse forme (serpente, lupo e persino maiale), le caratteristiche fondamentali sono sempre le stesse: è ricco e potente, ma mai bello o attraente. A un certo punto, Bella si separa dalla bestia, che così si ammala terribilmente, per una qualche ragione (amore, tradimento, disegni magici della sua maledizione), e giace moribonda. I rimorsi di coscienza di Bella, siano essi una semplice lacrima o un viaggio in capo al mondo per poi tornare con il suo amato, salvano la bestia, che si trasforma in un bellissimo principe. La bellezza implicita della bestia risorge quando Bella diviene capace di scorgerla sotto la sgradevole apparenza esteriore.

Il racconto può anche essere letto dal punto di vista psicologico. Gli uomini sono passivi, le anziane poco o per nulla comprensive, Bella, la più giovane, sempre pura e virginale, e il suo maggior desiderio è una rosa. Secondo i Greci e i Romani, la rosa era il simbolo del piacere, associato al lusso e alla stravaganza. Rappresentava il fiore dell'amore e del romanticismo. L'amore di Bella per suo padre è rappresentato dalla sua richiesta di una rosa in dono. La malattia del padre può essere interpretata in senso letterale o in senso figurato, giacché l'amore di Bella, a questo punto della storia, non è più rivolto al genitore, ma alla bestia.
La morale vera è contenuta nel discorso finale della fata "Bella", le disse questa Signora, che era una fata e di quelle coi fiocchi, "venite a ricevere la ricompensa della vostra buona scelta: voi avete preferito la virtù alla bellezza e allo spirito, e meritate per questo di trovare tutte quelle cose raccolte in una sola persona.

Voi state per diventare una gran Regina: ma spero che il trono non vi farà scordare le vostre virtù”.
“Quanto a voi, mie care signore" disse la fata alle due sorelle della Bella "conosco il vostro cuore e tutta la cattiveria che c'è dentro: diventerete due statue; ma nondimeno serberete il lume della ragione sotto la vostra forma di pietra. Starete alla porta del palazzo di vostra sorella; e non vi impongo altra pena che quella di essere testimoni della sua felicità. Non potrete ritornare nello stato primiero, se non quando riconoscerete i vostri errori: ma ho una gran paura che dobbiate restare statue per sempre. Si può correggere l'orgoglio, le bizze, la gola, la pigrizia; ma la conversione di un cuore invidioso e cattivo è una specie di miracolo."

ADATTAMENTI

Dal momento della sua pubblicazione nel 1756, la storia ha subito numerose revisioni. È datata 1742 l'opera drammatica Amour pour amour di Nivelle de la Chaussée, sempre ispirata a questa fiaba.
Nel 1756 la Contessa di Genlis produsse un'opera teatrale basata sul racconto. In Francia, per esempio, nel 1771 fu scritta da Marmontel e composta da Grétry la versione lirica de La bella e la bestia, basata sulla storia di Mme Leprince de Beaumont e dal titolo Zémire et Azor, che riscosse enorme successo anche nell'Ottocento. Nel 1786 la versione di Villeneuve fu pubblicata ne Le Cabinet des Fées et autres contes merveilleux.
Durante il XIX secolo ci fu una proliferazione di revisioni in Francia, Inghilterra e Stati Uniti. Sono state contate fino a 68 diverse edizioni stampate in questo secolo. Tra le più importanti ci furono un poema di Charles Lamb, pubblicato nel 1811, un'opera in due atti di J.R Planchée, nel 1841 e, nel 1875, un libro di illustrazioni di Walter Crane e un'edizione illustrata della fiaba ad opera di Eleanor Vere Boyle.

VERSIONI CINEMATOGRAFICHE

  • Nel 1945 il regista francese Jean Cocteau realizzò quella che viene considerata la migliore versione cinematografica della storia: La belle et la bête, con Jean Marais nei panni della bestia e Josette Day nei panni di Bella, che qui si chiama Belle. Questo adattamento presenta anche una trama secondaria: Avenant, un pretendente di Bella, vuole uccidere la bestia e rubare le sue ricchezze, mentre le sorelle, sue complici, cercano di ritardare il ritorno di Bella al castello. Quando Avenant entra nel padiglione magico, che è la fonte del potere della bestia, viene raggiunto da una freccia di fuoco scagliata dalla statua della dea romana Diana, che lo trasforma in bestia e inverte la maledizione dell'altra creatura.
  • Nel 1952 fu creato un adattamento animato nell'allora Unione Sovietica, usando la tecnica del rotoscopio, basato su una version di Sergei Aksakov, Il fiore scarlatto. La storia è ambientata nel Medioevo slavo e i personaggi parlano l'antica lingua russa (detta anche Vecchia Lingua Slava Orientale, diretta discendente della lingua greco/bizantina), che si usava tra il X e il XIV secolo.
  • Una versione del 1962, con Joyce Taylor e Mark Damon, vide la bestia come un principe che di notte si trasformava in licantropo. Il trucco fu curato da Jack Pierce e si basava sul suo disegno de L'uomo lupo, prodotto da Universal Studios.
  • Nel 1991 (vedi più sotto), la Disney produsse la propria versione animata de La bella e la bestia. Vinse il premio Oscar per la migliore canzone originale e il premio Oscar per la migliore colonna sonora, oltre a essere il primo film d'animazione della storia nominato al premio Oscar per il miglior film. Fu anche uno dei due film d'animazione a essere incluso nella lista di AFI's 100 Years... 100 Passions, che comprende le 100 più belle storie d'amore di tutti i tempi. Come nella versione del 1946, Bella ha il nome di Belle nella versione originale inglese. Molte, tuttavia, sono le variazioni rispetto alla storia originale. I servitori appaiono sotto forma di oggetti personificati, perché la maledizione che ha colpito la bestia si è estesa anche a loro. Vi è anche un elemento della fiaba di Barbablù: a Belle viene proibito, all'inizio della sua permanenza nel castello, di accedere a una certa stanza, ma disobbedisce vinta dalla curiosità. Il padre di Bella, senza nome nella fiaba, si chiama Maurice e fa l'inventore invece che il mercante, e Bella è la sua unica figlia. Vi è anche un attraente ma arrogante e presuntuoso pretendente di Bella, Gaston, che vuole sposare la fanciulla ma viene sempre rifiutato. Gaston minaccia sia Maurice che la bestia, ma muore nel confronto finale con quest'ultima. Questa versione concede la capacità di redenzione a Bella, perfetta in sé stessa, che si dimostra capace di amare la bestia malgrado la sua estrema bruttezza esteriore. Nonostante la storia originale sia stata in gran misura alterata, come succede spesso nei film d'animazione della Disney, La bella e la bestia è considerato uno dei suoi più grandi classici. Il film della Disney ha avuto un tale successo che ne è previsto un remake live-action per il 2017. 
  • Prodotta dalla Golden Films, sulla scia del successo del film della Disney, nel 1992 uscì un'altra versione animata della fiaba. Con un'animazione mediocre rispetto a quella della Disney, è indubbiamente più fedele alla storia originale.
  • Anche i film di King Kong sono vagamente basati su questa fiaba. Nel film originale del 1933, il personaggio di Carl Denham, che parte alla ricerca del mostro insieme all'attrice Ann Darrow, crede che l'apparizione di Ann insieme al mostro nel suo film possa essere una reminiscenza del racconto. Quando la creatura viene portata a New York e muore dopo aver passato gli ultimi momenti con Ann, Denham declama, sia nella versione del 1933 che in quella del 2005: "La bella ha ucciso la bestia".
  • Anche altre varianti della storia in cui una figura grottesca si innamora di una bella donna sono state adattate spesso al cinema, come, per esempio, Il fantasma dell'Opera, di Gaston Leroux, o Notre-Dame de Paris, di Victor Hugo.
  • Il film Wolfman sembra avere qualche riferimento a La bella e la bestia; solo che, al pari del film del 1962, il protagonista diventa una bestia (di preciso un lupo mannaro) ogni notte di luna piena.
  • Nel 2014 (vedi più sotto) esce una nuova trasposizione della fiaba. Il film è francese ed è diretto da Christophe Gans.

(CONTINUA…)

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