I GAY DI ALLAH
- ad aprile esce il documentario fatto con "I-Phone" da
un gay musulmano alla Mecca. Ha rischiato la decapitazione per girarlo
ed è già bersaglio degli estremisti. “A sinner in Mecca” sarà presentato
ad aprile alla rassegna “Hot Docs” di Toronto, girerà per i festival
del mondo, poi diventerà un memoir. Il film cresce dietro la sua storia e
i suoi dubbi, e analizza come
la religione sia stata manipolata e
commercializzata...
Nina Strochlic per “Daily Beast”
Migliaia di pellegrini musulmani gli brulicavano intorno. Parvez Sharma
ha trovato un angolo appartato al secondo piano della moschea della
Mecca, ha tirato fuori il suo “iPhone”, si è connesso al wi fi (fornito
dal “Saudi Binladin Group”) e su “FaceTime” ha comunicato con suo marito
Dan, che era rimasto a New York e la cui prima domanda è stata: «Ma è
un network sicuro?».
Giusta preoccupazione, dato che in Arabia Saudita essere gay è punibile
con la morte ed essere trovati con un dispositivo che registra può
costare il linciaggio da parte della polizia religiosa. I due si sono
sposati recentemente nella Grande Mela, poi Sharma ha deciso di fare il
suo “hajj”, il pellegrinaggio, in nome dell’uguaglianza. Ha realizzato
il film “A sinner in Mecca” (Un peccatore alla Mecca) con un “iPhone 4S”
e un obiettivo: se finiva il pellegrinaggio, significava che l’Islam
approvava il suo essere musulmano gay. Racconta: «Ero molto spaventato.
Se i sauditi mi trovavano, potevano mettermi in galera o decapitarmi.
Allo stesso tempo credevo in un intervento divino, Allah mi avrebbe
protetto».
Il viaggio è considerato sacro. Completarlo significa essere perdonato
per i peccati commessi. Il precedente progetto di Sharma si chiamava
“Jihad For Love” e indagava sulla omosessualità in Islam, motivo per cui
dal 2007 è considerato “un infedele”. Alla Mecca però ha scoperto di
non essere l’unico peccatore. Ha registrato la voce di un uomo che
commesso un delitto d’onore, uccidendo il fratello di sua moglie in
Pakistan. Chi è più peccatore, in un mondo dove alcuni paesi legalizzano
l’omicidio ma vietano la omosessualità? Per entrambi il pellegrinaggio
era una promessa di redenzione.
Il film cresce dietro la sua storia e i suoi dubbi, e analizza come la
religione sia stata manipolata. E’ anche una critica alla
commercializzazione del pellegrinaggio, infatti il regista filma i
fedeli nel centro commerciale della città sacra e da “Starbucks”. Il
film sarà presentato ad aprile alla rassegna “Hot Docs” di Toronto, e
girerà per i festival del mondo, poi diventerà un memoir. Intanto Sharma
ha già ricevuto un centinaio di lettere dagli “haters”. Se lo
aspettava, anche se non così presto.
E’ vulnerabile perché è sia il regista che il protagonista della storia,
teme di diventare il prossimo bersaglio degli estremisti ma dichiara:
«Non voglio eclissare il messaggio dietro questo odio. Aspetto anche le
risposte positive dei musulmani». I musulmani sauditi che nascondono la
propria omosessualità sono tanti. Per lui l’esposizione al rischio è
stata temporanea, loro invece vivono costantemente tra la vita e la
morte.
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