domenica 5 aprile 2015

SIMBOLI E PREFIGURAZIONE DELLA PASQUA, TERZA PARTE DI 5 BY D'ANGELO

SIMBOLI & PREFIGURAZIONI DELLA PASQUA
- SCHIUDERE UNA COMPRENSIONE PIU’ PROFONDA  DELL’ESPIAZIONE DI CRISTO ATTRAVERSO L’ANALISI DELLE PREDIZIONI NELL’ANTICO TESTAMENTO
(di Donald W. & Jay A. Parry – corretto ed integrato da M. D’Angelo)
TERZA PARTE DI QUATTRO

(TOCCATEMI E GUARDATEMI: LA RESURREZIONE - continuazione)

STORIE DELLE SCRITTURE
Giona e il gran pesce. L’esperienza di Giona nel ventre del gran pesce simboleggia la morte e la
resurrezione di Gesù. Entrambi furono sepolti nelle proprie rispettive tombe, Giona nel ventre del pesce e Gesù
nel ventre della terra. Entrambi vi trascorsero circa tre giorni e tre notti e ne uscirono il terzo giorno. Come
scrisse Bruce R. McConkie: «La sepoltura

di Giona e la sua uscita dal 'gran pesce' (Giona 1:15–17; 2)
simboleggiano la morte, sepoltura e resurrezione di Cristo».

Il battesimo di Gesù Cristo. Il battesimo di Cristo fu simbolico della Sua morte e resurrezione. La Sua
immersione prefigurò la Sua morte e sepoltura, mentre l’uscita dall’acqua anticipò la Sua resurrezione, o uscita
dalla tomba. In Romani 6:3–11, un discorso sul battesimo, Paolo utilizzò molti termini relativi alla morte: morti,
sepolti, morte e morire. Egli utilizzò anche termini relativi alla resurrezione: risuscitato, novità di vita,
risurrezione, vivere, risuscitato dai morti e viventi. Ovviamente, questi simbolismi si applicano anche a noi. Da un
lato, il battesimo rappresenta la «morte» del nostro io disobbediente, peccatore e la nostra «resurrezione» spirituale a novità di vita. D’altro canto, il battesimo simboleggia la nostra morte fisica e la nostra resurrezione.

Lazzaro resuscitato. L’episodio di Lazzaro resuscitato dai morti simboleggia la resurrezione dai morti. Il
linguaggio utilizzato nella storia di Lazzaro riguarda sia la morte, sia la resurrezione: morto, risusciterà e vita
(Giovanni 11:21–26). Come Lazzaro morì e fu riportato in vita mediante il potere di Gesù Cristo, così tutti i morti
saranno riportati alla vita, nella resurrezione, tramite il potere dell’Espiazione di Gesù. Gesù utilizzò
l’ambientazione della morte di Lazzaro per insegnare riguardo alla resurrezione. Prima del ritorno alla vita di
Lazzaro, Gesù testimoniò a Marta, sorella di Lazzaro: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se
muore, vivrà» (Giovanni 11:25).

La fioritura della verga di Aaronne. In Numeri 16, un grande numero di Israeliti si ribellò contro Mosè ed
Aaronne, pretendendo per se stessi l’ufficio sacerdotale. Il Signore rispose uccidendo i ribelli. Quindi, in Numeri
17, il Signore diede ulteriori istruzioni per mostrare a Israele chi Egli avesse scelto per il sacerdozio. Disse al
popolo di preparare dodici verghe, una per ogni tribù d’Israele e di scrivere su ciascuna il nome del capo di tale
tribù. Il nome di Aaronne doveva essere inciso sulla verga di Levi. «Metterai quelle verghe nella tenda di
convegno, davanti alla testimonianza, dove io mi ritrovo con voi. E avverrà che l'uomo che io avrò scelto sarà
quello la cui verga fiorirà; così farò cessare davanti a me i mormorii che i figli d'Israele fanno contro di voi» (vv.
4–5). Il giorno seguente, undici verghe giacevano secche a terra, ma «ecco che la verga di Aaronne, per la casa di
Levi, era fiorita, aveva prodotto delle gemme, fatto sbocciare dei fiori e maturato delle mandorle» (v. 8). Mosè
prese le verghe e le mostrò «a tutti i figli d'Israele» ed essi videro quale verga era viva e quale era seccata (v. 9).

Questa storia dimostra il potere di Dio sulla vita e sulla morte nel regno vegetale, ma funge anche da
meraviglioso simbolo della resurrezione di Cristo. Laddove tutti coloro che sono morti sono rimasti tali, privi di
vita, soltanto Cristo ha portato un frutto di vita dopo la Sua morte e molti l’hanno veduto e ne hanno portato
testimonianza.

Altre storie. Le Scritture contengono molte altre storie che simboleggiano la resurrezione:

Nel Giardino di Eden, Adamo cadde in un sonno profondo. Quando si risvegliò, ricevette una nuova sposa e una nuova vita, oltre alla benedizione di poter camminare e parlare con Dio. Allo stesso modo, Cristo fu deposto nella Tomba nel Giardino, nel sonno della morte. Egli si risvegliò a una nuova vita, in cui può camminare e parlare con Dio, e, a tempo debito, ricevere i Santi fedeli.

Noè entrò nell’arca (cioè la tomba) e trascorse molti giorni navigando sulle acque della morte. Egli e la
sua famiglia, tuttavia, furono preservati e ricordati da Dio, persino mentre erano nella tomba. Quando furono
fatti uscire dal potere di Dio, entrarono in un mondo nuovo.

Isacco fu posto come sacrificio sull’altare della morte. Paolo scrisse: «Per fede Abraamo, quando fu
messo alla prova, offrì Isacco; egli, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito. Eppure Dio gli aveva
detto: «È in Isacco che ti sarà data una discendenza». Abraamo era persuaso che Dio è potente da risuscitare
anche i morti; e riebbe Isacco come per una specie di risurrezione [o simbolo]» (Ebrei 11:17–19). Il sacrificio fu
pienamente messo, sia ad Abrahamo, sia ad Isacco, in conto «di giustizia» e Isacco uscì dall’altare
mediante il potere di Dio (manifesto nella visitazione angelica) a una nuova vita.

Giuseppe d’Egitto fu gettato in una cisterna, simbolo della tomba. Fu fatto uscire e venduto schiavo in un
paese straniero, separato dalla sua famiglia. Alla fine, fu riunito alla sua famiglia e divenne la salvezza del suo
popolo.

Il potere di Dio sulla morte
Le Scritture offrono abbondanti prove del potere di Dio sulla morte. Il Suo potere sulla morte, dovuto a
molteplici cause, sottolinea e testimonia del Suo potere sulla morte nel senso supremo del termine, cioè la
resurrezione.

Protezione dalla morte. Il Signore ha mostrato ripetutamente la Sua capacità di proteggere il Suo popolo
dalla morte. Pensate alle storie di Enoc e dei suoi nemici; Noè, la sua famiglia e l’arca; Abrahamo sull’altare; Lot e
la sua famiglia, quando le città della pianura furono distrutte; Isacco sull’altare; Giuseppe, quando i suoi fratelli
cospirarono per ucciderlo; Mosè tra i giunchi; Mosè e Giosuè in numerose occasioni contro gli Egiziani, i Cananei
e altri nemici; i figlioli d’Israele, quando guardarono il serpente di bronzo; Elia durante la siccità e, in seguito,
quando fu affrontato dai soldati del re; Davide, quando Saul cercò di ucciderlo; Shadrach, Meshach e Abed-nego
nella fornace ardente; Daniele nella fossa dei leoni; Giona e il grande pesce; Gesù, il quale calmò le acque in
tempesta mentre i discepoli navigavano su una barca; Pietro, Giacomo, Giovanni e Paolo, quando i capi Giudei
cercarono di toglier loro la vita; e molti, molti altri.

Risuscitare le persone dalla morte. Abbiamo citato Lazzaro, il quale fu risuscitato dai morti. Tuttavia, ogni
persona mai risuscitata dai morti mediante il potere del sacerdozio può essere giustamente considerata un
simbolo e una prefigurazione  della resurrezione. Questo elenco include il figlio della vedova, risuscitato da Eliseo
(1 Re 17:17–24); diverse persone risuscitate da Gesù (la figlia di Iairo, il giovane di Nain e Lazzaro [Marco 5:22–43; Luca 7:11–17; Giovanni 11]); Tabitha, o Dorcas, risuscitata da Pietro (Atti 9:36–43); Eutico, risuscitato da
Paolo (Atti 20:7–12); e altri.

La Resurrezione e la vita.
Gesù è «la resurrezione e la vita» (Giovanni 11:25). Tramite Lui e soltanto tramite Lui, noi riceviamo i
doni senza prezzo della resurrezione e della vita eterna. Soltanto tramite la Sua Espiazione il Padre è in grado di
realizzare la «[Sua] opera e la [Sua] gloria: fare avverare l’immortalità e la vita eterna dell’uomo».

Oltre ai simboli summenzionati, il Nuovo Testamento ci offre tre ulteriori simboli della resurrezione: il
tempio del corpo di Gesù, la casa costruita senz’opera di mani e le primizie.

Il tempio del corpo di Gesù. Nel secondo capitolo del suo Vangelo, l’apostolo Giovanni parla della
purificazione del tempio di Erode da parte di Gesù (Giovanni 2:13–22). I Giudei testimoni di questo evento
incredibile chiesero a Gesù di giustificare le Sue azioni: «Quale segno miracoloso ci mostri per fare queste cose?»
(v. 18).

Gesù rispose brevemente: «Distruggete questo tempio, e in tre giorni lo farò risorgere!» (v. 19).
Ovviamente, Egli faceva riferimento alla propria resurrezione, il potere mediante il quale sarebbe risorto Gli
conferiva anche l’autorità di purificare il tempio di Erode. I Giudei non compresero cosa intendesse dire,
pensando che si riferisse alla distruzione del tempio di Erode, che si ergeva imponente su di loro mentre
parlavano. Erano stati necessari quarantasei anni per costruire il tempio; come poteva quest’uomo, Gesù,
ricostruirlo in tre giorni? Giovanni, tuttavia, aggiunse una frase chiarificatrice: «Ma egli parlava del tempio del
suo corpo» (Giovanni 2:21).

Dopo l’uccisione e la resurrezione di Gesù, «i suoi discepoli si ricordarono che egli aveva detto questo; e
credettero alla Scrittura e alla parola che Gesù aveva detta» (Giovanni 2:22). Pertanto, la metafora del tempio del
Suo corpo fu una possente ed efficace testimonianza della realtà della Sua resurrezione.

La casa edificata senz’opera di mani. L’apostolo Paolo utilizzò una metafora simile, quando portò
testimonianza della resurrezione:

«Sappiamo infatti che se questa tenda che è la nostra dimora terrena viene disfatta, abbiamo da Dio un
edificio, una casa non fatta da mano d'uomo, eterna, nei cieli.

Perciò in questa tenda gemiamo, desiderando intensamente di essere rivestiti della nostra abitazione
celeste, se pure saremo trovati vestiti e non nudi.

Poiché noi che siamo in questa tenda gemiamo, oppressi; e perciò desideriamo non già di essere
spogliati, ma di essere rivestiti, affinché ciò che è mortale sia assorbito dalla vita. Or colui che ci ha
formati per questo è Dio, il quale ci ha dato la caparra dello Spirito» (2 Corinzi 5:1–5).

L’apostolo Paolo mise in contrapposizione i corpi mortali con quelli immortali e risorti, utilizzando i
termini edili casa, tenda e abitazione come metafore. Il corpo mortale, scrisse Paolo, è una «dimora terrena», una
«tenda» che sarà «disfatta». In contrasto, un corpo risorto è una dimora «da Dio», una «casa non fatta da mano»
ma «eterna, nei cieli», una «abitazione celeste».

Paolo utilizzò anche immagini relative agli indumenti e alla nudità, contrastando personaggi rivestiti e
nudi o spogliati. Nell’immagine di Paolo, noi siamo rivestiti di un corpo, durante la vita terrena, siamo «spogliati»
di questo corpo alla morte e poi siamo rivestiti di un corpo glorioso alla resurrezione.

Jeffrey R. Holland ampliò questa immagine, quando scrisse: «Quale dono universale derivante
dall’Espiazione di Cristo, la Resurrezione rivestirà con un corpo permanente, perfetto e restaurato ogni spirito
mai nato nella mortalità. Inoltre, per ogni persona che accetta i principi e le ordinanze del Vangelo, il suo corpo
sarà una sorta di veste di rettitudine. Qui si trova la redenzione dell’anima e qui si trova una pienezza di gioia per
tutta l’eternità».

La primizia della resurrezione. Miliardi di persone erano morte prima di Cristo e tutte rimanevano nella
tomba. Nessuno mai, che fosse profeta, re o guaritore, aveva il potere di risuscitare un corpo defunto dalla tomba
in modo permanente. Cristo fu il primo. In quanto tale, Paolo Lo chiamò primizia: «Ma ora Cristo è stato
risuscitato dai morti, primizia di quelli che sono morti… ma ciascuno al suo turno: Cristo, la primizia; poi quelli
che sono di Cristo, alla sua venuta» (1 Corinzi 15:20, 23).

La Legge di Mosè richiedeva ai singoli Israeliti di portare «il meglio delle primizie della [loro] terra»
(Esodo 23:19) come offerta al Signore. Le primizie, incluse granaglie e frutta, dovevano essere le prime raccolte e
anche le migliori (Numeri 18:12–13). Le primizie includevano inoltre alcuni alimenti lavorati, come l’olio d’oliva,
il vino, la farina o impasti.

In questa immagine, piantare un seme nella terra può essere paragonato al corpo di Cristo «piantato» nel
sepolcro alla Sua morte (vedere 1 Corinzi 15:35–38). Pur essendo stata sepolta nella terra, tuttavia, la pianta non
rimase là, bensì germogliò e portò frutto e i semi del frutto stesso avrebbero prodotto piante, le quali, a loro
volta, avrebbero prodotto ulteriori frutti. Pertanto, le «primizie» portano molto frutto. Le primizie dovevano
essere anche le migliori del raccolto. In senso molto reale, Gesù fu ed è il migliore di tutti i figli di Dio.

Gesù fece un esempio simile durante l’ultima settimana della Sua vita, dopo il Suo ingresso trionfale a
Gerusalemme. Egli disse: «L'ora è venuta, che il Figlio dell'uomo dev'essere glorificato. In verità, in verità vi dico
che se il granello di frumento caduto in terra non muore, rimane solo; ma se muore, produce molto frutto»
(Giovanni 12:23–24).

NOTE
1. L’Espiazione compiuta nel Giardino di Getsemani, pre-requisito necessario alla resurrezione di Cristo, fu la più grande
manifestazione privata del potere di Dio sin dalla Creazione della terra.
2. Holland, Jeffrey R., Christ and the New Covenant, 238.
3. Hinckley, Gordon B., «Empty Tomb Bore Testimony», 66.
4. Young, Brigham, Discourses of Brigham Young, 374.
5. Penrose, Charles W., «The First-Born, the Resurrection, and the Life», 754.
6. Lee, Harold B., Ye Are the Light of the World, 260.
7. Penrose, Charles W., «The First-Born, the Resurrection, and the Life», 754.
8. McConkie, Bruce R., Mormon Doctrine, 711–12.
9. Holland, Jeffrey R., Christ and the New Covenant, 244.

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