Maria
Giulia Alemanno
LE
INQUIETE
a
cura di
Giovanni
Mangiano e Massimo Olivetti
7
- 8 - 9 MARZO 2014
Foyer
galleria
TEATRO
AUDITORIUM GB VIOTTI
Corso
Massimo Montano 29
FONTANETTO
PO (Vercelli)
Inaugurazione
venerdì 7 marzo, ore 20.00
Mostra
personale in occasione di
“DONNA,
COME TI CHIAMI?”
spettacolo teatrale prodotto
da TeatroLieve Bottega d’Arte
con
Marinella Debernardi e Luca Brancato,
di
cui Maria Giulia Alemanno ha curato la scenografia.
Orari:
venerdì e sabato: 16.00 – 23.00
domenica:
10.00 – 12.00; 14.00 – 18.30
ingresso
libero
info:
TeatroLieve
Tel
+39 338 13 78 957
Biglietteria
Teatro Viotti
Tel
+39 377 26 74 936
COMUNICATO
STAMPA
S’intitola
LE
INQUIETE
la mostra personale di MARIA
GIULIA
ALEMANNO
che affiancherà il 7, 8, 9 marzo 2014 lo spettacolo teatrale DONNA,
COME TI CHIAMI?
messo in scena dalla Compagnia TeatroLieve al Teatro Auditorium
Viotti di Fontanetto Po, di cui l’artista ha curato la scenografia.
Grazie
a Giovanni Mongiano, Maria Giulia Alemanno ha potuto ritrovare
l’antico amore per il teatro che già l’aveva portata a
collaborare con lo stesso regista e con il Prof. Piero Bosso alla
scenografia del “Sogno di una notte di mezza estate” nel 1995.
Se
in “DONNA,
COME TI CHIAMI?”
l’attrice Marinella
Debernardi,
in monologhi tratti da testi di Brecht,
Politkovskaja,
Szymborska,
Wesker
affronta le inquietudini di figure complesse e tormentate, Maria
Giulia Alemanno ci avvicina ai loro mondi interiori esponendo nel
Foyer del Teatro
Viotti un corpo di opere nelle quali lo sguardo del femminile e sul
femminile è intenso e centrale. Riunisce Dee, Divine e Donne senza
l’aura del mito eppure regali nella loro normalità.
Cinque
divinità afro cubane, Yemayá, Ochún, Oyá Yansá, Obbá, Iewá,
dipinte su grandi
tele di sacco prive di telaio, convivono con “Divine” il cui
mito è stato esaltato dalle luci del palcoscenico o del cinema
muto. Maria Giulia ama chiamarle semplicemente per nome: Francesca,
Lyda, Maria, Eleonora, ma è il cognome che le colloca nella
Storia. Sono la Bertini, la Borelli, la Melato, la Duse, leggendaria
quanto infelice. Ed è la loro interiorità che Alemanno indaga, non
il trucco di scena ma l’anima, svelata da pennellate decise che,
come bisturi taglienti, incidono nel profondo.
Un
omaggio in tecnica mista su tavola a Francesca Woodman, la fotografa
americana che in ossessivi ed impietosi autoscatti ha messo a fuoco
la propria devastante inquietudine, si accosta a due opere su carta
dedicate a Tina Modotti e a Frida Kahlo. “Immense
e
imprescindibili
– spiega l’artista - L’una
attraverso la fotografia, l’altra con la pittura, hanno reso
tangibili e universali la passione, il dolore, l’ amore, l’impegno
sociale e civile”.
Ai due ritratti di queste donne straordinarie che tanto hanno
rappresentato per la Storia del Messico, Maria Giulia Alemanno
affianca quelli di compagne sconosciute ma non per questo meno
intense o meno appassionate. Si tratta di volti tracciati su carta
con estrema libertà, risolti a china ed acquerello con penna di
bambù, uno strumento primitivo che non ammette alcun compiacimento
estetico.
“Il
mio intento
– spiega l’ artista -
è quello di cogliere di getto la loro essenza, complessa e lontana
dagli stereotipi dolciastri, troppo spesso attribuiti al mondo
femminile.
“ E a margine dei ritratti, sul grande foglio bianco che li
accoglie, aggiunge brevi appunti, spunti per racconti che lei
stessa o i visitatori potranno ampliare e arricchire. “Quanti
pensieri, Susanna, in questo pomeriggio grigio. Se s’impigliano
tra
i rovi, scioglili. Falli volare” oppure “Germana così distante,
così austera. Ma anche lei, come tutte, in cerca d’infinito”,
sono
due di queste narrazioni minimali che diventano parte integrante del
discorso pittorico, la parola che accompagna il segno, la frase che
esalta il colore.
Ognuna
delle “donne di carta” possiede una marcata individualità, uno
sguardo che la differenzia. Ciò che le accomuna è la tensione che
percorre la mostra perché ogni loro sguardo rivela turbamenti,
desideri inespressi, tragedie celate. Non a caso alcune di loro,
silenziosamente, entrano in scena, Si spostano dal foyer al fondale
del teatro su cui, ingigantita, viene proiettata la loro
inquietudine. Uno strano connubio, un’intrigante sperimentazione.
Una doppia lettura della vita.
“ Le Inquiete”
testo
critico di Massimo Olivetti
Quand le ciel bas et lourd pèse comme un couvercle
Sur l'esprit gémissant en proie aux longs ennuis,
Et que de l'horizon embrassant tout le cercle
II nous verse un jour noir plus triste que les nuits…
Quando come un coperchio il cielo pesa greve
Sull'anima che geme in preda a lunghi affanni,
E stringendo in un unico cerchio l’orizzonte
Fa
del dì una tristezza più nera della notte …
Charles Baudelaire.
Spleen,
“ I fiori del male”
Proprio
quando il cielo pesa greve e l’anima è schiacciata sono
protagoniste di vita e di morte “Le
Inquiete”. I
mali dell’anima di donne e uomini non sono gli stessi, o almeno non
sono simili le forme ed i caratteri. Più profondi, più oscuri, più
incogniti forse quelli delle donne e più radicali, più estreme le
fughe e le ribellioni. Come serpenti che mutano pelle si ritrovano a
strisciare tra inquietudini senza nome, forse senza cause da
scoprire, senza luoghi in cui stare. Escono d’improvviso da vite
segnate, da binari lineari, da stanze frequentate e buttano esistenze
ed anime in percorsi inconsueti, improbabili, estremi.
Non
si possono decifrare questi turbamenti come i terremoti che si
registrano solo a sisma avvenuto. Spesso non hanno nemmeno segni
premonitori, una fenomenologia che sia materia d’indagine. Si può
solo avvertirne la patologia cercando nei volti e negli occhi delle
“Inquiete”
il luccichio dell’occhio, il tremolio di una palpebra,
l’aggrinciarsi del labbro.
Maria
Giulia Alemanno
ne tratta la materia perché la vive e la condivide. Ne fa parte, è
dentro l’esercito delle inquiete, anche la sua anima geme e questo
le permette e le fornisce la conoscenza e il diritto di
rappresentarla. Ma senza parole, perché non ci sono suoni che
possano riempire il vuoto dell’inquietudine. Solamente con matite,
pennelli, colori, può cogliere il tremolio della palpebra, il
luccichio dell’occhio, l’aggrinciarsi del labbro.
Sono
sue sorelle quelle che ha raccolto dai luoghi della memoria, una
sfilata di volti come foto segnaletiche di delitti compiuti contro se
stessi. E iperboli simboliche sono le divinità afro-cubane che le
assistono e le guardano. Yemayá
la dea dei gorghi profondi, della calma apparente che si tramuta in
tempesta, Ochún
travolta e travolgente dalla sensualità che crea e distrugge,
Oyá Yansá
dalle spade vorticose, Obbá
ieratica nell’automutilazione, Yewá
dolente nella
compagnia dei morti. Una schiera di divinità per accogliere ed
onorare il supremo sacrificio dell’inquietudine di Francesca
Woodman o le
ansie di vite disperate e disperse delle “Divine”.
Maria Giulia le ha riportate su carta e tela e le espone non per
chiederci di compatire o comprendere, ma come monumento ai caduti di
una guerra sotterranea che non ha vincitori ma solo vittime.
PICCOLE DONNE DI CARTA
MARIA
GIULIA ALEMANNO
Note
biografiche
Artista,
critico d’arte, giornalista, è stata allieva e collaboratrice del
maestro Francesco Tabusso.
Oltre
che in Italia, le sue opere sono state esposte in mostre personali e
collettive negli Stati Uniti, Canada, Messico, Argentina, Cuba, Gran
Bretagna, India. Vive e lavora a Torino, dov'è nata, e a Crescentino
tra le risaie del vercellese. Da lì é partita per molti viaggi fino
a giungere a Cuba dove ha avuto inizio la sua ricerca nel mondo della
Santería, il culto sincretico radicato nell'isola caraibica, a cui
nel 2003 dedica cinque mostre personali in Piemonte.
A
Cuba, dov'è considerata la principale artista europea di Santería,
espone nel 2004 un corpo di trenta opere nel Convento di San
Francisco a L'Avana e nel 2005 al Museo Alejandro de Humboldt il
grande ciclo pittorico “Mis Orishas”. E' dello stesso anno la
personale alla Thomson House di Montreal. Nel gennaio 2007 il Museo
Casa de la Obrapía di L’Avana ospita “Yemayá y sus siete
caminos”, dedicata alla Grande Madre, signora dell’acqua di mare.
In seguito la mostra approda al Museo Morro Cabaña, all'Istituto
Nazionale di Antropologia e alla Galleria Concha Ferrant di
Guanabacoa .Nello stesso anno il ciclo “ Mis Orishas” viene
esposto nelle sale di Villa Burba a Rho (Milano) ed al Museo
Nazionale Preistorico Etnografico Luigi Pigorini di Roma.
E’
del 2008 la personale negli spazi de la Unión del los Artistas
Cubanos de Matanzas. Nel 2009 espone a Palazzo Primavera a Terni.
Nel
Gennaio 2010 con lo scenografo Gino Pellegrini realizza la
performance “ENTRE TIERRA Y CIELO, canto pictórico a los Orishas”
nella Plaza Vieja di L’Avana e presenta cinque divinità santere
nelle sale del Museo Casa de África.Ad aprile dello stesso anno le
viene assegnato il Premio Internazionale di Pittura ITALIA ARTE a
Villa Gualino, mentre una sua valigia d’ispirazione afro cubana
diventa in estate parte centrale della scenografia della trasmissione
di Rai 3 “Alle Falde del Kilimangiaro.”
Nel
novembre 2011 espone al Museo di Scienze Naturali di Torino sei
grandi dipinti santeri nell’ambito della mostra “OMAGGIO
ALL’ITALIA DELL’ARTE. Identità e differenze” nell’opera di 8
artisti torinesi”.
E’
del 2013 la personale PICCOLI VIAGGI DI CARTA presso il Centro Studi
Cultura e Società di Torino.
biografia
completa sul sito:
Maria
Giulia Alemanno. Artista senza confini:
Grazie Mauro! Ti aspetto, anzi ti aspettiamo, io e le inquiete....
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