mercoledì 24 giugno 2015

SECONDA VISIONE, A CURA DI PIERO FOCARETE, QUESTA SETTIMANA, NELLA CITTA' L'INFERNO

Nella città l’inferno, di Mario Castellani       Immagine in linea con il testo
Roma, anni Cinquanta. La storia si svolge interamente nel carcere femminile delle Mantellate: Lina (Giulietta Masina), una ragazza del Veneto ingenua e inesperta, per “coprire” il fidanzato opportunista (cameo di Alberto Sordi), finisce dietro le sbarre accusata ingiustamente di furto. Dopo l’iniziale smarrimento, la giovane conosce Egle (Anna Magnani, David di Donatello), veterana del posto, una prostituta cinica e smaliziata, che in qualche modo è colpita dal suo candore e la prende a benvolere.
Sotto la protezione della matura compagna di cella, Lina diventa una donna scaltra e sicura, e quando, grazie alla complicità delle altre carcerate, riuscirà a farsi liberare, non tornerà mai più a vivere con l’innocenza di un tempo. Diventata anch’essa una prostituta, farà ritorno ben presto in carcere, reincontrando la vecchia “maestra”, la quale però, nel frattempo, è cambiata in senso opposto: attraverso l’incontro con Marietta, una ragazza idealista e sognatrice (Cristina Gajoni, Nastro d’Argento), Egle, che gradualmente rivela in fondo un disperato bisogno d’amore, ha scoperto l’esistenza della bontà, della speranza, dell’amore ricambiato e del credere ai propri sogni,  spogliandosi di quell’amarezza e durezza usate forse come corazza per difendersi da una vita che, fino a quel momento, le aveva negato la parte migliore.
Il nuovo incontro fra Lina ed Egle sarà infelice, perché i ruoli paiono ormai capovolti: Lina, divenuta una donna di vita, sfrontata e fiera, ne attribuisce il merito a Egle, la quale però va su tutte le furie, inorridita all’idea, che in fondo sa esser vera, di aver trascinato la ragazza nella propria condizione (che disprezza).
A Egle, che in Lina rivede se stessa e il suo fallimento, non resta che sperare in Marietta, in quella ragazza rimasta ancora se stessa, che quando tornerà in libertà non faccia mai più ritorno da loro. 
Il vero inferno, secondo Castellani, non sono le mura della prigione:  l’occhio della cinepresa, pur non uscendo mai dagli interni dell’edificio, non ce ne offre una visione soffocante e claustrofobica, ma quasi come una seconda città, spaziando fra i lunghi corridoi illuminati, le stanze, il lavatoio, la cappella, gli uffici, il cortile, e sembra avvisare che, fondamentalmente, nel mondo di fuori non vi è molta più libertà. Il vero inferno non sono neanche le vite che popolano quel posto: la descrizione della loro umanità ne mostra così bene ogni sfaccettatura, da non farci temere di assomigliarvi; ci rendiamo presto conto di avere le stesse qualità e gli stessi difetti di queste creature, la cui unica, reale colpa sta, in fondo, nell’essere semplicemente più fragili degli altri.
La vera prigione sono le mura del pregiudizio, del sentirsi rifiutati ed esclusi dai giri “giusti”, della solitudine nella quale è confinato chi non ha saputo “farsi furbo”.  La vita là fuori è un gioco spietato, dove non resta chi ha cuore, ma chi sa giocare bene le proprie carte, spesso chi sa bluffare: è Lina, che non ha barato, a scendere all’inferno, non certo il suo fidanzato, che non esita a rinnegarla. L’inferno è per i perdenti, non per i cattivi, e ci si resta finchè non si è imparata questa lezione: Lina ne uscirà soltanto quando avrà imparato le amare regole del gioco, servendosi delle carte giuste.
E sarà sempre servendosi di espedienti che proprio Lina, la quale in galera era finita a causa dall’uomo che amava, e dalla galera era uscita rinunciando all’amore e diventando una cinica prostituta, quasi per contrappasso aiuterà Marietta, ancora in carcere, a incontrare un ragazzo che lei spia dalle sbarre della sua finestra e al cui sogno d’amore non ha mai smesso di credere. Osservatrice silenziosa, ma al contempo eloquente, di questi due opposti destini è la matura Egle, che, pur mascherandosi dietro una beffarda ironia, ha dentro di sé qualcosa di entrambe le ragazze, repulsione per Lina (con la quale tuttavia s’identifica) e attrazione per Marietta (a cui non assomiglia ma lo vorrebbe): rimpiange di aver rinunciato, come Lina, ai suoi sogni e, in fondo, vorrebbe ancora avere un po’ della purezza di Marietta; inizialmente invidiosa e aggressiva, alla fine del film, sarà proprio Egle a dire le ultime parole, proteggendo a tutta forza le speranze della giovane innamorata, augurandole di tornare libera al più presto e di non mettere mai più piede là dentro: in un gioco dominato da regole impietose e crudeli, forse, almeno per questa ragazza ci sarà anche spazio per un po’ di bontà.
Il rapporto fra le tre interpreti principali, nonostante il divismo della Magnani, che qui interpreta una donna apparentemente forte, ma profondamente lacerata e contraddittoria, è perfettamente bilanciato, sorretto da una buona sceneggiatura, da una regia solida e da un ottimo ritmo, che non fa sentire i minuti che scorrono. Nel 1958, quando uscì, non ebbe il successo commerciale che avrebbe meritato, ma a distanza di oltre cinquant’anni dimostra una sorprendente freschezza e attualità. Potremmo vederne un esempio similare in Ragazze Interrotte, film americano del 1999.
Voto: 8.5

Piero Focarete

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