Gianni Farinetti ci regala una nuova commedia dai risvolti neri, in cui ritroviamo i personaggi del suo fortunato Rebus di mezza estate mescolati a nuove figure con, protagonista occulto, il severo panorama delle Langhe.
Dicembre, Alta Langa piemontese. Sebastiano Guarienti, pilastro della
saga farinettiana, ha l’eccentrica idea di suggerire al sindaco di un
piccolo paese, un po’ per gioco, molto per prenderlo in giro, di
organizzare un grandioso ballo di Capodanno in costume nel locale
castello assai cadente. Un’insensatezza che il primo cittadino, da
grossolano signorotto con le mani in pasta in diversi affari, fa subito
sua per accattivarsi il declinante favore della cittadinanza. Tra ex
belle donne sfiorite ma ancora appetibili, un nobiluomo che vive da solo
in un convento di cinquantotto stanze con un cavallo imbalsamato, una
vecchietta in odore di stregoneria (una masca in tutto e per tutto), una
giovane charmosa, un altrettanto giovane e fascinoso architetto, e poi
formaggiai, parroci, nonne impossibili, muratori romeni di impagabile
simpatia, devastanti ragazzini, bande musicali, farmacisti cornuti,
maschere improbabili (si segnala un geometra di Mondovì travestito da
banana), spesso parlanti in un vero e proprio grammelot vecchio
Piemonte, la preparazione del veglione scorre febbrile sotto gli sguardi
divertiti di Sebastiano e del maresciallo dei Carabinieri Beppe
Buonanno, a loro volta colti entrambi in un’impasse sentimentale dai
risvolti inquietanti. Ma, come da copione, la notte di Capodanno, al
culmine dell’affollato festone, fra le pareti del castello avviene un
sanguinoso omicidio. E qui il maresciallo deve smettere i panni
dell’amabile saggio per quelli più concreti del severo inquisitore.
Perché sì, ridendo e scherzando, il morto c’è stato davvero. Subito
l’inchiesta s’ingarbuglia per l’elevato numero dei possibili indiziati,
in pratica tutto il paese e dintorni: omertà, piste troppo facili,
segreti che riaffiorano, ecco il dannato lavoro del maresciallo che,
scartando via via falsi indizi e impietose soffiate, si ritrova davanti a
una verità ben più amara di quel che immaginava. Gianni Farinetti ci
regala una nuova commedia dai risvolti neri, in cui ritroviamo i
personaggi del suo fortunato Rebus di mezza estate mescolati a nuove
figure con, protagonista occulto, il severo panorama delle Langhe,
questa volta in versione invernale, fra tradizione e modernità, antiche
lentezze e nuove mode. Un eden marginale, nel quale però allignano i
peggiori misfatti di questo nostro (ex bel) paese.
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