UN LETTORE DI TORINO, PIERO FOCARETE MI HA PROPOSTO DI SCRIVERE QUALCHE PICCOLA RECENSIONE NON SU FILMS ATTUALMENTE SULLO SCHERMO MA SU PELLICOLE CHE HANNO QUALCHE ANNO E CHE SONO RIPROPOSTE IN TV O RECUPERABILI IN DVD O IN RETE, QUESTO E' IL PRIMO POST DEDICATO AD UNA GODIBILISSIMA COMMEDIA AMERICANA ; UNA SETTIMANA DA DIO.
IL BLOGGER
Una settimana da Dio… ma tutto sommato, non si grida al miracolo
Niente di nuovo sotto, in questo caso anche sopra, il sole: un perdente cronico, con cui la vita sembra essersi accanita, arriva al punto di litigare persino con Dio, che prendendolo in parola gli concede una possibilità di riscatto, grazie alla quale l’uomo giungerà al lieto fine solo dopo aver cambiato profondamente la sua visione delle cose.
Come si può intuire, il soggetto non è dei più originali: si riconduce a quel filone, a metà strada fra il fantastico e il moralismo ottimista, che è sempre molto piaciuto al pubblico americano fin da “La vita è meravigliosa” di Frank Capra (di cui non a caso viene mostrata una scena).
Diretto nel 2003 da Tom Shadyac, il film, nonostante la ruffianeria, si fa seguire senza annoiare: Buffalo (USA). Bruce Nolan (Jim Carrey) è un giovane e spiritoso reporter, il cui grande entusiasmo si va però lentamente spegnendo a motivo di continue (talvolta immeritate) sconfitte professionali, ultima delle quali il suo licenziamento, dovuto ad un suo pesante sfogo in diretta televisiva: insoddisfatto e amareggiato, trascura anche ciò che di buono è rimasto nella sua vita, a cominciare dalla sua graziosa e innamoratissima compagna (Jennifer Aniston), e giunge ad incolpare, della sua situazione, persino Dio stesso. Quest’ultimo, impersonato da Morgan Freeman, avendo ascoltato il lamento dell’uomo lo chiama a colloquio e gli affida un incarico: “sostituirlo” per una settimana. Tornato sulla terra, l’uomo sfrutta i poteri che ora possiede, per ottenere il successo sognato, ma capirà anche che, non potendo Dio modificare l’arbitrio delle persone, non è possibile ottenere tutto con i soli poteri, a partire dall’amore di chi si ha vicino: dopo essere stato lasciato dalla sua compagna, Bruce sarà costretto a trovare dentro di sé la chiave del suo vero successo, che consiste nel guardare chi lo circonda con occhi diversi, nel cambiare in prima persona la propria visione delle cose.
Una morale degna dei Padri Pellegrini: gli uomini, che così spesso si aspettano da Dio i miracoli, sono in realtà gli unici in grado di compierli. Un film drammatico l’avrebbe forse sviluppata in modo più profondo e accentuato, mentre qui, trattandosi di una commediola per famiglie, i messaggi seri si riducono a poche e veloci battute, piccoli solchi su un terreno di risate, gag e sentimentalismi, tutte polveri che si sollevano e scorrono leggere, davanti agli occhi di uno spettatore che, come da accordi, vuole in fondo divertirsi più che riflettere. Peraltro tutto è “politicamente corretto” (inclusa la scelta di raffigurare un Dio nero) e nulla appare eccessivo, comprese le esuberanze mimico-gestuali di Jim Carrey, che qui paiono spogliarsi di quella malizia caratteristica di film come “The Mask”, per assumere un candore quasi a misura di bambino, anche nelle scene di intimità con la Aniston. Dio appare friendly e senza pomposità, del tutto in linea con la tendenza, tipicamente cristiana di questi ultimi anni, di rappresentare la divinità sempre più vicina all’uomo, più empatica e sempre meno giudicante e punitiva. Azzeccati i dialoghi e la scelta dei tre attori principali (Freeman, Carrey e Aniston). Dignitosa la regia. Un frizzantino, da sorseggiare senza aspettative. Voto: 7
Piero Focarete
wow questa recensione ne sa ! complimenti, anche io ho visto il film e a molti dettagli non avevo posto realmente attenzione.
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