lunedì 18 marzo 2013
LA LETTERA DI VALTER VELTRONI AL CORRIERE DELLA SERA SU PAPA FRANCESCO
RUBO DAL CORRIERE DELLA SERA ON LINE QUESTE PAROLE DI VALTER VELTRONI SU PAPA FRANCESCO, IO STESSO, LAICO CONVINTO , IERI MI SONO SORPRESO A GUARDARE L'ANGELUS E AD ASCOLTARE QUESTO PAPA, CHE STA DONANDO SPERANZA A TANTE PERSONE, CHE STA DONANDO CALORE IN QUESTI MOMENTI DAVVERO DIFFICILI PER TANTI.
Caro direttore,
ho cercato di seguire i gesti, i primi gesti di papa Francesco. I gesti, più delle parole. Perché il corpo ha un linguaggio che difficilmente entra in contrasto con il pensiero. Papa Ratzinger, coerentemente, ha trasmesso ciò che è: un teologo finissimo, un intellettuale innamorato della sua fede. Ma nessuno, a Benedetto XVI, avrebbe stretto forte le braccia, si sarebbe avvicinato per dare il doppio bacio, destra-sinistra, sulle guance, nessuno si sarebbe aspettato un gesto come il pollice alzato per dire che sì, tutto va bene. Il carisma di un Papa, forse di un essere umano, si gioca lungo varie linee di demarcazione. Tra queste, l'autorevolezza che è conferita dalla distanza o quella che nasce dal sorriso, dall'inclusione accogliente. Ci sono figli che non sono mai stati abbracciati dai padri e altri che hanno condiviso con loro momenti di tenerezza e di conforto. Non basta questo per dire chi sia un padre migliore.
Forse ogni stagione dell'uomo reclama, nelle sue figure più rappresentative, gesti che esprimano lo «spirito del tempo». In fondo fu la guerra, la sofferenza dei bombardamenti, il sangue nelle strade che fece, per la prima volta nella storia, aprire le porte di san Pietro e uscire un Papa in mezzo alla sua gente. Pio XII, uomo descritto come un freddo curiale, si sporcò la tunica bianca e aprì le braccia in mezzo alle rovine e ai morti della San Lorenzo del 1943.
Il tempo che stiamo vivendo reclamava un Papa che abbracciasse, stupisse, si facesse uomo tra gli uomini, raccorciasse le distanze, scendesse dal trono. E proprio dal trono Francesco si è allontanato ogni volta che ha preso la parola, in questi giorni. Era sul pullman con gli altri cardinali e con loro ha cenato, senza attendersi un posto privilegiato. Poi li ha abbracciati, a uno a uno, al termine dell'udienza nella Sala Clementina. È stata una sequenza molto bella, affatto noiosa. Con ciascuno scherzava, rideva senza sorrisi di circostanza e ciascuno si sentiva autorizzato ad appoggiare le mani, talvolta stringendole forte, sulle spalle del nuovo Papa, su quella tunica bianca spoglia della mozzetta rossa. E poi quando ieri, a Sant'Anna, ha voluto chiamare dall'assemblea vicino a sé un giovane sacerdote uruguayano che si occupa dei bambini di strada. Non sono servite le parole, è bastato quel gesto per far capire che il nuovo Papa stava indicando quel giovane prete come un modello. A noi, mondani osservatori, la sensazione che tutto ciò che Bergoglio sta facendo sia un modo per salvare la Chiesa, per restituirle il suo volto più bello. So bene che è manichea la divisione tra la dimensione curiale e pastorale. Ma so che il volto che «parla» della Chiesa è quello che hanno i missionari che si occupano dei poveri, quello che le suore mostrano ai bambini delle zone più disagiate del mondo. La Chiesa come luogo di «misericordia» e di «solidarietà». «Senza solidarietà non esiste umanità» ha scritto Giorgio Pressburger nel suo intenso «Sulla fede». La solidarietà non necessariamente come sacrificio di sé ma come relazione, condivisione, scambio, dono reciproco. Papa Francesco sembra dire alla Chiesa di rimettersi in cammino ritrovando i suoi sentieri naturali, che non sono i tappeti rossi, ma la ricerca, nei viottoli del mondo, dell'altro da sé.
L'altro. Come sarebbe importante se dalla Chiesa venisse lo sforzo immane e coraggioso di cercare, nel viaggio e nella scoperta, quel punto - forse Atlantide, forse la vetta più impenetrabile del mondo - per coniugare identità e apertura, testimonianza e dialogo. Un sentiero angusto che l'uomo sta smettendo di cercare. Ognuno è convinto di racchiudere tutta la verità nella propria fede religiosa, nel proprio credo politico, persino nella propria etnia. Ognuno sembra ignorare il dubbio e coltivare certezze tanto inossidabili e gridate quanto rapide a dissolversi.
La drammatica situazione della vita tra i più deboli in Occidente fa oggi prevalere la rabbia e la paura. Se la Chiesa crolla, travolta da scandali inaccettabili o dalle sue chiusure alla modernità, non è una buona notizia per nessuno. Se essa recupera il suo volto migliore, se trasmette una idea di speranza e di comunità è una buona notizia per tutti.
Scrivo queste cose da non credente. O, come dovrebbe dire ogni uomo attraversato dalla virtù del dubbio, come chi crede di non credere. Ma io li ho incontrati, nelle bidonville del mondo, i sacerdoti, li ho visti camminare in luoghi del dolore dove la politica non si affaccia neanche. Il mondo è migliore anche perché c'è stato il Concilio Vaticano II. Migliore per tutti, anche per i non cristiani. Perché l'umanità, specie nei suoi tempi più scuri, è un sistema legato da una comunità di destino. Se l'Islam sceglie la via del dialogo o della contrapposizione, cambia il mondo.
Perciò quel Papa che parla a braccio, augura buon pranzo e si inchina al suo popolo credo voglia mandare un messaggio. Lo stesso che lancia stringendo tutte le mani dei fedeli di una parrocchia, non ignorando la famiglia di Emanuela Orlandi e il suo disatteso desiderio di verità, chiedendo a tutti i bambini che abbraccia di pregare per lui «A favore, non contro». Vuole dire alla Chiesa che il suo mondo è la gente, specie chi ha meno o soffre. Ha scelto di chiamarsi Francesco. Chiara Frugoni nella sua storia del poverello di Assisi racconta della famosa visita del giovane mercante alla chiesa di San Damiano. «Si mise a pregare intensamente di fronte a un crocefisso dipinto su una tavola... Il Redentore, secondo l'iconografia del Cristo trionfante, senza segni di sofferenza fisica, fissa l'osservatore con quieta dolcezza. Francesco credette che l'immagine si rivolgesse proprio a lui e gli parlasse: "Francesco, non vedi che la mia casa sta crollando? Va dunque a ripararla"».
Non ha parlato il Redentore e Bergoglio non è san Francesco. Eppure la Chiesa, nel suo momento più difficile, ha scelto un uomo che dovrà, con decisioni difficili e parole inedite, «riparare la casa». La storia dirà se questa missione verrà compiuta. Con il necessario coraggio. Con i gesti ha cominciato a farlo, ricordando al mondo la missione di fondo dei cristiani. Tutti hanno oggi un motivo in più di speranza, nel guardare i suoi primi passi. E non è poco, nei tempi che viviamo.
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Veltroni usa parole scelte, semplici ma efficaci per dire su questo Papa che potrebbe stupire. speriamo glielo lascino fare...per ora il solo fatto che "incuriosisca" anche i laici è un segnale da leggere positivamente.
RispondiEliminafratello Sole, sorella Luna
Ma che vada a quel paese..non doveva essere in Africa? Che ci vada a fare opere di bene invece di star qui a "pontificare" e magnare.
RispondiEliminaE lei lo pubblica anche.... mi delude proprio.
Acasatutti
acasatutti, lei e' un dsfattista
RispondiEliminaNo Mauro, Acasatutti non è un disfattista, ma semplicemente un imbecille
RispondiEliminaHa parlato il più intelligente, prima di offendere, anche se solo un anonimo, si faccia un esame di coscienza.
RispondiEliminaBlogger, posso dare anch'io dell'imbecille al caro commentatore? solo per par codicio.
AcasaTU
il post e' sul papa....fate i bravi
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