Nel numero in edicola e sul web oggi del quotidiano La Stampa e' apparso un lungo articolo di cui pubblico foto ( e' un invito alla lettura , io l'ho fatto stamane ) in cui si parla di un caso di mala burocrazia , un fatto di rilevanza nazionale che riguarda l'INPS e il rifiuto di pagare una indennita' di accompagnamento a un malato di SLA ; una vicenda assurda che viene seguita a livello legale dagli avvocati crescentinesi Gian Maria Mosca e Erika Catellani.
Mosca mi ha contattato giorni fa per sottopormi per la pubblicazione il testo che trovate qui sotto, e' un ampio sunto della vicenda che viene raccontata in modo chiaro, in modo che tutti possiate intendere a che livello si arriva quando la burocrazia sfida la logica e prende in giro chi purtroppo e' affetto da una malattia da cui non si torna indietro. Pubblico il pezzo davvero volentieri e ringrazio gli avvocati per l'attenzione verso questo blog.
Il sig. P.S., classe 1978, nella sua precedente vita non avrebbe mai pensato di
diventare un personaggio buono per l’Antologia degli sconfitti.
Sposato, due figli minorenni, è affetto da sclerosi laterale amiotrofica: SLA.
Una brutta bestia che in pochi anni lo ha portato a dover essere ventilato
meccanicamente.
Ora sottoposto a nutrizione enterale totale tramite PEG, tetraplegico,
dolorosamente lucidissimo, dialoga con il mondo attraverso un puntatore oculare.
Non avrebbe voluto ma, specie in questo momento, può insegnare a noi altri, sordi
e festosi, la relatività assoluta dello “stare bene” o “male” e cosa voglia dire
vivere con dignità nella malattia.
Nell’aprile 2021, quando stava meglio di oggi, gli venne riconosciuta l'indennità
di accompagnamento.
Piero – come ci ha autorizzato a chiamarlo, non per confidenza ma perché
associando un cognome alla malattia la si individualizza troppo, perdendo di vista
la capacità che essa ha di colpire chiunque – versa sicuramente in condizioni tali
da giustificare a pieno titolo l’accompagnamento. Infatti ormai da anni è stato
riconosciuto invalido al 100% e, come detto, proprio l’INPS in origine gli
riconobbe tale indennità.
Sennonché, la sua sclerosi è normalmente peggiorata, così da portarlo prima al
ricovero in Ospedale e poi presso la RSA che tuttora lo accoglie.
Se si ha come punto di osservazione la malattia, è improbabile che Piero possa
stare meglio, solo peggio. I medici confermano l’ovvio: non si può prevedere ed
indicare una data di “dimissione” del paziente dalla struttura.
Per questo INPS ha revocato l’indennità di accompagnamento, dapprima senza
esplicitarne l’esatta ragione e poi spiegando che il problema, in questo caso,
risiede proprio e “solo” nel fatto che il ricovero non contempla una data finale:
non sussistono altre situazioni ostative, esattamente quella.
E va bene, i moduli della Pubblica Amministrazione sono fatti così, non
contemplano le sfumature.
Però siamo esseri umani e se si focalizza come punto di osservazione non la
malattia, che inevitabilmente peggiora, bensì la qualità di vita del malato, allora
tutto cambia radicalmente: si può stare meglio, si può vivere meglio, si può essere
più sereni e persino più felici mentre la malattia avanza e, giorno dopo giorno,
conquista inesorabilmente posizioni. Malgrado tutto si può coltivare la speranza,
si può credere in una cura sperimentale o trovare la forza di attendere quella che
oggi non esiste ancora, si può vivere con dignità lottando per un domani migliore,
tenendo ancora il timone saldamente tra le mani.
Non è soltanto una questione di spirito ma in primo luogo di assistenza, di terapie,
di tecnologie, di opportunità concrete e di denaro occorrente per tutto questo.
L’indennità di accompagnamento serve eccome, serve a maggior ragione a chi
non si rassegna a consegnare il timone della vita alla malattia.
Deve essersene reso conto l’INPS, dato che ha diramato un comunicato stampa
con il quale spiega che anche a favore delle persone in stato di ricovero è in effetti
riconoscibile l’indennità di accompagnamento.
Lo leggi, quel comunicato, e tiri un sospiro di sollievo fino a quando, nelle ultime
righe, riemerge l’assurdo: è sempre e comunque necess
ario indicare “le date diinizio e fine ricovero”.
La Cassazione ormai da tempo afferma che in situazioni di questo tipo debba
essere riconosciuta l’indennità di accompagnamento. E ha condannato più volte
l’INPS.
Sarà per questo che l’Istituto stesso sta iniziando a capire la lezione a modo suo e,
nelle scorse settimane, non è del tutto chiaro se spinto da un moto di umanità o di
autoironia, ha dato un suggerimento brillante a Piero: ferma la riconoscibilità del
sussidio soltanto dopo la fine del ricovero (!), l’INPS gli ha consigliato di
“incominciare un’azione giudiziaria” contro di sé! Testuale, per iscritto.
Piero ha recepito la bontà del consiglio. il Giudice probabilmente ci darà ragione
ma la data della sentenza, al pari di quella di fine ricovero pretesa dall’INPS,
potrebbe anche rendere inutile questo sforzo.
Malgrado questa consapevolezza, Piero è un uomo forte che non china il capo di
fronte all’ottusità crudele del modulo che richiede l’indicazione di una data che
non esiste. Dice: “Combattere per me significa non arrendersi mai, lottare fino
all’ultima speranza, fino all’ultimo respiro, non fermarsi alla diagnosi ma andare
alla ricerca di soluzioni alternative là dove la medicina tradizionale non ne ha”
Finché riuscirà, armato del suo puntatore oculare, con a fianco chi condivide la
sua battaglia, Piero non si darà per vinto.
Erika Catellani – Gian Maria Mosca
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