domenica 5 gennaio 2025

GLI AVVOCATI CRESCENTINESI GIAN MARIA MOSCA E ERIKA CATELLANI SEGUONO UN CASO DI MALA BUROCRAZIA DI RILEVANZA NAZIONALE





Nel numero in edicola e sul web  oggi  del  quotidiano La  Stampa e' apparso un lungo articolo di cui pubblico foto ( e' un invito alla lettura  , io l'ho fatto stamane ) in cui si parla di un caso di mala burocrazia ,  un fatto di rilevanza nazionale  che riguarda l'INPS e il rifiuto di pagare una indennita' di accompagnamento a un malato di SLA ; una vicenda assurda che viene seguita a livello legale dagli avvocati crescentinesi  Gian Maria Mosca e Erika Catellani.

Mosca mi ha contattato giorni fa per sottopormi per la pubblicazione il testo che trovate qui sotto, e' un ampio sunto della vicenda  che viene raccontata in modo chiaro, in modo che tutti possiate intendere a che livello si arriva quando la burocrazia  sfida la logica e prende in giro chi purtroppo e' affetto da una malattia da cui non si torna indietro.  Pubblico il pezzo davvero volentieri e ringrazio gli avvocati per l'attenzione verso questo blog.


 Il sig. P.S., classe 1978, nella sua precedente vita non avrebbe mai pensato di

diventare un personaggio buono per l’Antologia degli sconfitti.

Sposato, due figli minorenni, è affetto da sclerosi laterale amiotrofica: SLA.

Una brutta bestia che in pochi anni lo ha portato a dover essere ventilato

meccanicamente.

Ora sottoposto a nutrizione enterale totale tramite PEG, tetraplegico,

dolorosamente lucidissimo, dialoga con il mondo attraverso un puntatore oculare.

Non avrebbe voluto ma, specie in questo momento, può insegnare a noi altri, sordi

e festosi, la relatività assoluta dello “stare bene” o “male” e cosa voglia dire

vivere con dignità nella malattia.

Nell’aprile 2021, quando stava meglio di oggi, gli venne riconosciuta l'indennità

di accompagnamento.

Piero – come ci ha autorizzato a chiamarlo, non per confidenza ma perché

associando un cognome alla malattia la si individualizza troppo, perdendo di vista

la capacità che essa ha di colpire chiunque – versa sicuramente in condizioni tali

da giustificare a pieno titolo l’accompagnamento. Infatti ormai da anni è stato

riconosciuto invalido al 100% e, come detto, proprio l’INPS in origine gli

riconobbe tale indennità.

Sennonché, la sua sclerosi è normalmente peggiorata, così da portarlo prima al

ricovero in Ospedale e poi presso la RSA che tuttora lo accoglie.

Se si ha come punto di osservazione la malattia, è improbabile che Piero possa

stare meglio, solo peggio. I medici confermano l’ovvio: non si può prevedere ed

indicare una data di “dimissione” del paziente dalla struttura.

Per questo INPS ha revocato l’indennità di accompagnamento, dapprima senza

esplicitarne l’esatta ragione e poi spiegando che il problema, in questo caso,

risiede proprio e “solo” nel fatto che il ricovero non contempla una data finale:

non sussistono altre situazioni ostative, esattamente quella.

E va bene, i moduli della Pubblica Amministrazione sono fatti così, non

contemplano le sfumature.

Però siamo esseri umani e se si focalizza come punto di osservazione non la

malattia, che inevitabilmente peggiora, bensì la qualità di vita del malato, allora

tutto cambia radicalmente: si può stare meglio, si può vivere meglio, si può essere

più sereni e persino più felici mentre la malattia avanza e, giorno dopo giorno,

conquista inesorabilmente posizioni. Malgrado tutto si può coltivare la speranza,

si può credere in una cura sperimentale o trovare la forza di attendere quella che


oggi non esiste ancora, si può vivere con dignità lottando per un domani migliore,

tenendo ancora il timone saldamente tra le mani.

Non è soltanto una questione di spirito ma in primo luogo di assistenza, di terapie,

di tecnologie, di opportunità concrete e di denaro occorrente per tutto questo.

L’indennità di accompagnamento serve eccome, serve a maggior ragione a chi

non si rassegna a consegnare il timone della vita alla malattia.

Deve essersene reso conto l’INPS, dato che ha diramato un comunicato stampa

con il quale spiega che anche a favore delle persone in stato di ricovero è in effetti

riconoscibile l’indennità di accompagnamento.

Lo leggi, quel comunicato, e tiri un sospiro di sollievo fino a quando, nelle ultime

righe, riemerge l’assurdo: è sempre e comunque necess

ario indicare “le date di

inizio e fine ricovero”.

La Cassazione ormai da tempo afferma che in situazioni di questo tipo debba

essere riconosciuta l’indennità di accompagnamento. E ha condannato più volte

l’INPS.

Sarà per questo che l’Istituto stesso sta iniziando a capire la lezione a modo suo e,

nelle scorse settimane, non è del tutto chiaro se spinto da un moto di umanità o di

autoironia, ha dato un suggerimento brillante a Piero: ferma la riconoscibilità del

sussidio soltanto dopo la fine del ricovero (!), l’INPS gli ha consigliato di

“incominciare un’azione giudiziaria” contro di sé! Testuale, per iscritto.

Piero ha recepito la bontà del consiglio. il Giudice probabilmente ci darà ragione

ma la data della sentenza, al pari di quella di fine ricovero pretesa dall’INPS,

potrebbe anche rendere inutile questo sforzo.

Malgrado questa consapevolezza, Piero è un uomo forte che non china il capo di

fronte all’ottusità crudele del modulo che richiede l’indicazione di una data che

non esiste. Dice: “Combattere per me significa non arrendersi mai, lottare fino

all’ultima speranza, fino all’ultimo respiro, non fermarsi alla diagnosi ma andare

alla ricerca di soluzioni alternative là dove la medicina tradizionale non ne ha”

Finché riuscirà, armato del suo puntatore oculare, con a fianco chi condivide la

sua battaglia, Piero non si darà per vinto.


Erika Catellani – Gian Maria Mosca

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