venerdì 27 giugno 2025

GIUSEPPE ARLOTTA: VERRA' L'ISLAM LIBERATORE...... Decadenza e resa dell'Occidente




 VERRA’ L’ISLAM LIBERATORE…… - Decadenza e resa dell’Occidente

 
Viviamo in una società che ha smesso di credere in sé stessa. Ogni valore che ha fondato l’Occidente – la libertà individuale, il pensiero critico, la dignità della persona, l’arte, la scienza, la spiritualità cristiana – è oggi bersaglio di decostruzione ideologica e culturale. La nostra civiltà’ malata di senso di colpa, ha deciso di smantellarsi da sola: censura la propria storia, rinnega le proprie radici e invita chiunque a riscriverle a proprio piacimento. È il trionfo del relativismo morale, dell’accoglienza cieca, della paura di dire “no”. Nel frattempo, l’Islam avanza. Silenziosamente, capillarmente, senza armi, senza urla. Ma con convinzione. Laddove l’Occidente arretra, l’Islam occupa. E lo fa senza nascondere il suo intento: imporre i propri codici morali, le proprie leggi, la propria visione del mondo. Alcuni versetti del Corano parlano chiaro:
 
“Combatteteli finché non ci sia più associazionismo e il culto sia interamente per Allah” (Corano, Sura 8:39)
“Uccidete i miscredenti ovunque li incontriate” (Corano, Sura 9:5)
“Gli uomini sono superiori alle donne perché Allah ha dato loro il predominio” (Corano, Sura 4:34)
 
In molti paesi islamici, come l’Iran, le condanne a morte si eseguono pubblicamente. Le donne vengono arrestate ed uccise per un velo “portato male”. I rapporti prematrimoniali, così come l’omosessualità, possono costare la vita. I diritti civili sono subordinati alla sharia. In Arabia Saudita, l’apostasia (abbandono dell’Islam) è punita con la morte. In Pakistan, una semplice accusa di blasfemia può scatenare un linciaggio. Per contro, certi imam sorridono in televisione, si mostrano tolleranti e dialoganti, ma nel chiuso delle moschee predicano l’osservanza della sharia sopra ogni legge dello Stato. Incitano a non integrarsi, ma a insediarsi. A conquistare col numero e con la pressione culturale. I casi documentati sono innumerevoli, ma la società civile e i media preferiscono girarsi dall’altra parte. Per paura. Per convenienza.
 
Il primo grande inganno del multiculturalismo contemporaneo è l’idea che tutte le religioni siano equivalenti, intercambiabili, uguali per statuto e funzione. Ma basta uno sguardo onesto per cogliere la profonda incompatibilità tra Cristianesimo e Islam sul piano spirituale, sociale e antropologico. Il Cristianesimo si fonda sull’incarnazione, sul sacrificio redentore e sul valore intrinseco dell’individuo come figlio di Dio, libero di scegliere, di peccare, di redimersi. È una religione della coscienza, del perdono, dell’interiorità. L’etica cristiana nasce dall’amore per il prossimo, non dalla coercizione. Il regno di Dio “non è di questo mondo”: lo spirituale è separato dal potere politico.
 
L’Islam, al contrario, è una legge sacra totalizzante. La sharia non distingue tra sfera privata e pubblica tra morale e politica. Il credente non è chiamato a comprendere, ma a sottomettersi(Islam significa appunto “sottomissione ”). La libertà individuale è subordinata all’obbedienza rituale e giuridica. Il Corano è parola eterna e immodificabile non interpretabile nel tempo. La donna ha un ruolo subalterno sancito teologicamente. Convertirsi ad altra religione è un crimine (emblematico il caso di Magdi Allam). La guerra contro l’infedele, benché reinterpretata da alcuni, resta contenuta nel testo sacro. E mentre il cristiano può vivere in una società secolarizzata senza rinnegarne i principi, l’islamico devoto tende a rifiutare qualsiasi ordine che non sia “islamicamente puro”. Qui sta la radice del conflitto: l’impossibilità dell’Islam di coesistere pacificamente con il mondo attuale, se non a patto di snaturarsi.
 
Difendere l’Occidente non significa disprezzare l’Altro: significa non farsi spazzare via da chi non ci riconosce. L’Islam avanza non perché è forte, ma perché noi siamo deboli. È il vuoto lasciato dall’Occidente che ha distrutto se stesso in nome della modernità e ora si vergogna persino di esistere. Si tolgono i crocifissi, si zittisce il Natale, si disprezzano le cattedrali e si finanziano moschee. Si mette a tacere ogni dubbio, si demonizza ogni critica.
 
E’ importante sottolineare che la Tradizione non muore del tutto. C'è ancora chi legge, chi pensa, chi si batte per un'identità profonda che non è odio ma consapevolezza. È il tempo della resistenza culturale e spirituale, non dell'odio ma della lucidità. La modernità ha le sue colpe: ha spezzato ogni legame col sacro, ha idolatrato il consumo, ha trasformato l’uomo in un numero. Ma anziché cercare un riscatto nel pensiero, nella cultura, in una nuova consapevolezza, si preferisce abbracciare l’Altro come panacea. In nome di una società multiculturale si sacrificano i principi stessi che hanno reso Italia ed Europa un faro nel mondo. E chi osa opporsi è accusato di razzismo, xenofobia, integralismo.
 
Occorre svegliarsi. E’ necessario riprendere in mano la nostra identità, senza complessi e senza odio, ma con fermezza. La libertà va difesa, non regalata. I valori dell’Occidente – il libero pensiero, l’eguaglianza uomo-donna, la laicità, la cultura, la tolleranza vera – non sono “superstizioni coloniali”, ma conquiste universali. Se non le difendiamo, non solo spariranno: verranno rimpiazzate da sistemi che non conoscono né compassione né diritti fondamentali. Chi ama davvero la libertà deve oggi schierarsi: non contro qualcuno, ma a favore della verità, della storia, della bellezza, della spiritualità autentica. È tempo di leggere, di riflettere, di educare i giovani al discernimento. È tempo di vigilare su chi predica bene e razzola male. È tempo di ricordare che ciò che abbiamo ereditato è fragile, e può essere perso. L’Islam non ci sta invadendo. Siamo noi che lo stiamo invitando a prenderci.
 
Purtroppo, si vivono giorni in cui ci hanno insegnato a vergognarci della nostra civiltà. Ci hanno detto che il nostro passato è solo un cumulo di colpe, che la nostra cultura è una sovrastruttura da smantellare, che i nostri padri erano oppressori e i nostri santi dei folli. Ci hanno riempito la testa con il culto dell’Altro, sempre migliore, sempre innocente, sempre vittima. E noi, narcotizzati dal benessere e dalla pace apparente, abbiamo accettato il ricatto morale. Abbiamo abbassato la guardia. Abbiamo rinunciato a difendere ciò che eravamo, ciò che siamo. Nel frattempo, è cresciuto silenzioso, ai margini, un altro mondo. Un mondo che non si vergogna di sé. Che non chiede perdono, né spiegazioni. Che non tollera il dubbio, né l’autocritica. Un mondo che si nutre del nostro senso di colpa come un parassita si nutre di un corpo indebolito. E che oggi avanza, sicuro della propria missione, armato di fede, di demografia e di risentimento.
 
Ci hanno detto che l’integrazione avrebbe funzionato, che le culture si sarebbero fuse in un’armonia universale, che l’identità era un concetto superato. Ma l’unica cosa che si è fusa è la nostra spina dorsale, liquefatta in un relativismo che non distingue più il giusto dall’ingiusto, la libertà dalla sottomissione, l’ospitalità dal suicidio. Ci siamo lasciati convincere che la colpa sia nostra, sempre nostra: del colonialismo, della schiavitù, delle guerre, persino delle migrazioni. Come se il mondo prima di noi fosse stato un Eden pacifico. Come se le civiltà non si fossero sempre scontrate, dominate, trasformate. Ci hanno convinti che il solo modo per redimerci fosse smettere di esistere come civiltà distinta, e dissolverci in un umanitarismo senza volto.
 
E ora, ogni giorno, ci svegliamo in una terra un po’ meno nostra. Dove i simboli vengono rimossi per non offendere, le parole censurate per non disturbare, le coscienze anestetizzate in nome di una pace finta, che è solo resa. Ma verrà il tempo — perché la storia ha un suo modo beffardo di farsi giustizia — in cui anche per quelli che oggi, con il loro urlio, ci spiegano la vita, verrà l’Islam liberatore. Verrà per loro, come già viene per altri, non come minaccia ma come destino: con la sua legge inviolabile, con il suo ordine senza appello, con il suo sguardo fisso nel medioevo. E sarà troppo tardi, allora, per accorgersi che la libertà che hanno disprezzato era l’unico scudo che li separava dal deserto.
Giuseppe Arlotta
 
26 giugno 2025
 

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