Spreco Zero: la legge in Italia arriva entro il 2015
MILANO – Entro il 2015 l’Italia avra’ la nuova legge “Spreco Zero” che inizia il suo iter in parlamento proprio in questi giorni. Le aziende che sceglieranno di donare il cibo invece che buttarlo, avranno incentivi fiscali e sconti. Inoltre verrà innalzata a 15mila euro la soglia di valore del cibo che non richiede precisi adempimenti burocratici, in caso di distruzione di alimenti. In questo modo per le aziende sarà più semplice salvare il cibo.La proposta “Spreco Zero” è stata illustrata dal Sottosegretario all’Economia Paola De Micheli, insieme al Ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina a Expo. “L’innalzamento della soglia ai 15mila euro è un passaggio essenziale della nostra proposta – ha affermato Paola De Micheli – per raggiungere l’obiettivo di ridurre al massimo gli sprechi alimentari. Altre misure a altri incentivi sono allo studio del Ministero dell’Economia che parteciperà al tavolo tecnico istituito sul tema”.
Per accelerare nella lotta agli sprechi, “il Governo è pronto a rendere più conveniente la donazione degli alimenti rispetto alla loro distruzione da parte delle industrie e della grande distribuzione”, ha annunciato il ministero in una nota.
“Entro il 2016 – ha detto Martina al termine del Tavolo di Lavoro Indigenti – vogliamo raddoppiare il cibo donato agli indigenti, portando a 1 milione le tonnellate di alimenti salvati dallo spreco. Siamo pronti a semplificare le leggi per rendere la donazione di alimenti più conveniente per chi produce e distribuisce. Per raggiungere l’obiettivo dobbiamo continuare a puntare su un modello che incentivi il recupero e la costruzione di rapporti forti tra gli enti caritativi e il mondo della produzione e distribuzione alimentare”.
Con la nuova norma, poi, si interviene per potenziare il recupero degli alimenti, rafforzando la legge del ‘buon samaritano’ che dal 2003 incentiva la riduzione dello spreco dei cibi dalla ristorazione, semplicemente equiparando al consumatore le Onlus che provvedono a recuperarli e a donarli agli indigenti. (AB, 12 giugno 2015)
Giovedì 21 maggio l’Assemblea nazionale francese – la camera bassa del Parlamento – ha approvato all’unanimità tre emendamenti a una legge sulla transizione energetica che prevedono alcune misure contro gli sprechi alimentari nei grandi supermercati. Il promotore degli emendamenti è l’ex ministro con delega all’agroalimentare Guillaume Garot, del Partito Socialista: Garot ha presentato gli emendamenti insieme ad alcuni parlamentari sia della maggioranza che dell’opposizione. Grazie al voto di oggi, d’ora in poi i supermercati delle grandi catene non potranno buttare via o distruggere i prodotti alimentari invenduti, ma saranno obbligati a donarli ad associazioni di beneficenza. Oltre che ai poveri e ai senzatetto, il cibo recuperato sarà utilizzato per mangimi animali e per la produzione di compost per l’agricoltura. I rivenditori con una superficie di oltre 400 metri quadrati dovranno stipulare degli accordi con le associazioni benefiche entro luglio del prossimo anno, altrimenti rischieranno multe fino a 75 mila euro e fino a due anni di carcere.
La legge francese contro gli sprechi alimentari dei supermercati
È stata approvata dal Parlamento, costringerà i supermercati a donare cibo invenduto in beneficenza (e come funziona in Italia?)
Con questa nuova legge il governo francese spera di riuscire a dimezzare gli sprechi alimentari entro il 2025. Garot ha spiegato, riferendosi a un metodo usato dai supermercati per evitare che le persone raccolgano il cibo dai loro contenitori per i rifiuti: «È scandaloso vedere versare candeggina nei cassonetti insieme a cibo commestibile». Jacques Creyssel, capo della FCD, la principale federazione di commercianti e distributori francesi, ha però criticato la legge, spiegando che i grandi supermercati sono responsabili solo del 5 per cento degli sprechi alimentari e che in molti casi ci sono già accordi con associazioni di beneficenza: i grandi supermercati, ha detto Creyssel, sono già tra i principali donatori di cibo. Secondo alcune stime, ogni francese butta via dai 20 ai 30 chili di cibo all’anno, che equivalgono in totale a un valore stimato compreso tra i 12 ai 20 miliardi di euro. I rappresentanti della grande distribuzione sono preoccupati che i nuovi obblighi costringeranno i supermercati a spendere molti soldi per organizzare le procedure di stoccaggio e distribuzione del cibo invenduto.
Ad avere sollevato qualche dubbio sulla nuova legge sono anche alcune associazioni di beneficenza, che non sono sicure di riuscire a organizzare le operazioni di raccolta e distribuzione, soprattutto per i prodotti con scadenza tassativa (quelli che cioè non presentano la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro”). Olivier Berthe, presidente di “Restos du cœur”, ha detto che la nuova legge rappresenta una costrizione anche per le organizzazioni, che dovrebbero poter scegliere la quantità e la qualità del cibo che ricevono, accettando solo quello di cui hanno realmente bisogno. Secondo la legge, tuttavia, spetta ai supermercati fornire il cibo pronto per il consumo: non devono essere le associazioni a dividere quello commestibile da quello andato a male. Michel-Edouard Leclerc, a capo del gruppo Leclerc, ha detto che ora bisogna impegnarsi a organizzare la raccolta da parte delle organizzazioni, sostenendo la necessità di un piano di aiuti che permetta loro di dotarsi di camion con celle frigorifere.
In Italia gli sprechi alimentari legati alla grande distribuzione sono in diminuzione, grazie ad alcune iniziative di recupero promosse dai supermercati e da associazioni come ad esempio la Onlus Banco Alimentare (vicina al movimento cattolico Comunione e Liberazione) o Last Minute Market. Nel 2014 Banco Alimentare ha recuperato dal settore della grande distribuzione oltre quattromila tonnellate di cibo, ridistribuite a migliaia di organizzazioni di beneficenza in Italia. Il Corriere della Sera nel 2013 aveva scritto sul cibo invenduto nei supermercati: «L’81% viene indirizzato a enti di smaltimento per concimare il terreno o produrre energia. L’11% viene venduto ad aziende che lo utilizzano per l’alimentazione animale o la produzione di mangimi. Il 10% viene invece viene conferito a food bank o enti caritativi (6,4%) o venduto in mercati secondari (1,1%).»
Ad avere sollevato qualche dubbio sulla nuova legge sono anche alcune associazioni di beneficenza, che non sono sicure di riuscire a organizzare le operazioni di raccolta e distribuzione, soprattutto per i prodotti con scadenza tassativa (quelli che cioè non presentano la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro”). Olivier Berthe, presidente di “Restos du cœur”, ha detto che la nuova legge rappresenta una costrizione anche per le organizzazioni, che dovrebbero poter scegliere la quantità e la qualità del cibo che ricevono, accettando solo quello di cui hanno realmente bisogno. Secondo la legge, tuttavia, spetta ai supermercati fornire il cibo pronto per il consumo: non devono essere le associazioni a dividere quello commestibile da quello andato a male. Michel-Edouard Leclerc, a capo del gruppo Leclerc, ha detto che ora bisogna impegnarsi a organizzare la raccolta da parte delle organizzazioni, sostenendo la necessità di un piano di aiuti che permetta loro di dotarsi di camion con celle frigorifere.
In Italia gli sprechi alimentari legati alla grande distribuzione sono in diminuzione, grazie ad alcune iniziative di recupero promosse dai supermercati e da associazioni come ad esempio la Onlus Banco Alimentare (vicina al movimento cattolico Comunione e Liberazione) o Last Minute Market. Nel 2014 Banco Alimentare ha recuperato dal settore della grande distribuzione oltre quattromila tonnellate di cibo, ridistribuite a migliaia di organizzazioni di beneficenza in Italia. Il Corriere della Sera nel 2013 aveva scritto sul cibo invenduto nei supermercati: «L’81% viene indirizzato a enti di smaltimento per concimare il terreno o produrre energia. L’11% viene venduto ad aziende che lo utilizzano per l’alimentazione animale o la produzione di mangimi. Il 10% viene invece viene conferito a food bank o enti caritativi (6,4%) o venduto in mercati secondari (1,1%).»
A Nairobi nel 2013 ministri mangiarono cibo scartato da supermercati europei
Per ragioni estetiche; Onu denunciò lo "scandalo" dello spreco
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19/02/2013
Nairobi, 19 feb. (TMNews) - Un centinaio di ministri dell'Ambiente e personalità di tutto il mondo hanno gustato oggi a Nairobi il pasto preparato con gli alimenti scartati dai supermercati europei per semplici ragioni estetiche, con l'intento di denunciare lo "scandalo" dello spreco di cibo.
Organizzato dall'attivista britannico Tristram Stuart, il pasto è stato servito durante il vertice annuale del Programma Onu per l'Ambiente (Unep) e realizzato con 1.600 chilogrammi di frutta e verdura prodotti in Kenya e respinti dalle catene di distribuzione. "Nessuna ragione economica, ambientale o etica può giustificare uno spreco di di cibo di tale entità", ha detto il direttore dell'Unep, Achim Steiner. L'Unep ha lanciato una campagna per ridurre lo spreco alimentare, quantificato in 1,3 miliardo di tonnellate in tutto il mondo ogni anno.
Cinque i piatti serviti durante la cena, tra cui granturco grigliato, un 'dal' (sorta di purè) di lenticchie con tamarindo e un tiramisù a base di polpa di mango.
Il Kenya è in principale mercato per l'esportazione di verdura fresca in Europa, in particolare nel Regno Unito, ma "il potere sproporzionato dei supermercati" su quanti producono per l'export è rintracciabile anche in altri paesi del mondo, ha sottolineato Stuart, mostrando immagini di banane dell'Ecuador, arance della Florida e pomodori di Tenerife. "E' uno scandalo enorme, ma anche una grande opportunità" per cambiare, ha aggiunto l'attivista, che ha dato vita all'organizzazione 'Feeding the 5.000'. (fonte Afp)
Cinque i piatti serviti durante la cena, tra cui granturco grigliato, un 'dal' (sorta di purè) di lenticchie con tamarindo e un tiramisù a base di polpa di mango.
Il Kenya è in principale mercato per l'esportazione di verdura fresca in Europa, in particolare nel Regno Unito, ma "il potere sproporzionato dei supermercati" su quanti producono per l'export è rintracciabile anche in altri paesi del mondo, ha sottolineato Stuart, mostrando immagini di banane dell'Ecuador, arance della Florida e pomodori di Tenerife. "E' uno scandalo enorme, ma anche una grande opportunità" per cambiare, ha aggiunto l'attivista, che ha dato vita all'organizzazione 'Feeding the 5.000'. (fonte Afp)
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