mercoledì 29 luglio 2015

L'ORA DI STORIA, BY D'ANGELO, DA LIBERO E IL FATTO, I DIARI DI MUSSOLINI

DA “LIBERO QUOTIDIANO” E “IL FATTO QUOTIDIANO”
OGGI FACCIAMO LUCE SUI DIARI DEL DUCE - IN UN’AGENDA LE CONFESSIONI DI MUSSOLINI IN QUEL TRAGICO 1942 TRA LA RITIRATA DI RUSSIA E LA RESA DI EL ALAMEIN: “DUE SONO I MALI CHE MI DILANIANO: I TRADITORI E LA PAZZIA DI HITLER. ORA SOTTO DI ME SI È APERTO IL PRECIPIZIO”
Il mensile “Storia in rete” diretto da Fabio Andriola dà notizia della scoperta in Svizzera di un’agenda del Duce risalente al 1942 e torna a divampare la polemica sull’autenticità dei diari di Mussolini - Non a caso, Andriola puntualizza all’inizio che la nuova, presunta agenda mussoliniana del ’42 arriva da una filiera diversa da quella dei celebri diari falsi acquistati da Dell’Utri...
1. DALLA SVIZZERA SPUNTA IL VERO DIARIO DEL DUCE
Simone Paliaga per
“Libero Quotidiano”
 «L’immaginario collettivo si è talmente assuefatto all’idea che i diari di Mussolini possano essere solo falsi che, se verranno fuori quelli veri, bisognerà
fare una gran faticaccia per dimostrarne l’autenticità», dichiarava anni fa Renzo De Felice. E ora che sembra spuntare l’agenda del Duce risalente al 1942 la polemica tornerà a divampare.
Della scoperta dà l’annuncio il mensile Storia in rete di giugno mentre sul sito www.storiainrete.com la versione digitale è scaricabile già da oggi a 3,49 euro. Sarà, questo diario, quello vero oppure un ulteriore falso?
Secondo il direttore di Storia in rete Fabio Andriola, che dopo aver ricostruito la vicenda dei diari da Zerbino a casa Panvini fino a Marcello Dell’Utri annuncia la pubblicazione di alcuni estratti nel numero di luglio, le pagine appena portate in superficie potrebbero essere originali. Prima di lui di cantonate, su queste agende, ne sono state prese parecchie, a cominciare da quella di Denis Mack Smith.
Epperò ci sarebbero delle evidenze che potrebbero far propendere a favore dell’autenticità. Andriola stesso ha visionato il diario finora inedito in Svizzera. A rendere plausibile la genuinità di queste pagine del 1942 ci sarebbero diversi fattori. Che il collezionista elvetico, una volta contattato il mensile di divulgazione storica italiano, non abbia chiesto né cercato compensi deporrebbe per Andriola a favore della fonte.
Ma soprattutto, secondo il direttore, ci sarebbero ulteriori elementi che potrebbero rendere verosimile che quello consultato sia un diario uscito direttamente dalla penna di Mussolini.
Andriola infatti ha confrontato alcune pagine del presunto diario del 1942 del collezionista svizzero con alcune fotocopie di un altro diario dello stesso anno offerte in vendita, nel ormai lontano 1967, al Sunday Times da un italiano di nome Ettore Fumagalli. Alla fine, allora, l’affare era saltato. Ma di quelle carte, per quanto poi risultate false, la testata inglese ha conservato in archivio delle fotocopie.
Dal raffronto tra le due versioni, quella integrale appena trovata in Svizzera e l’altra, è emersa però una scoperta bizzarra. Il contenuto sarebbe pressoché uguale. Ma ci sono alcune differenze. Nella gran parte dei casi presi in esame le pagine del Diario inedito risultano più fitte, coperte da una grafia più minuta e per questo contengono più parole. Invece la copia, pur riproducendo il testo di ogni pagina, taglia sempre qualche riga conclusiva.
Evidentemente il falsario non sarebbe riuscito a gestire nel migliore dei modi la propria grafia e spesso si interrompe qualche riga prima della fine perché lo spazio non è stato ben gestito e quindi il testo ha occupato più spazio del dovuto. Unica eccezione la si riscontra leggendo quanto scritto in data 29 giugno (anche se la notazione inizia sulla pagina del 17 luglio). Qui accade esattamente il contrario: il presunto falsario avrebbe usato uno stile di scrittura più piccolo dell’originale e quindi finisce di copiare il testo prima di arrivare alla fine della pagina.
Così decide di colmare la parte rimasta bianca con quanto, nell’originale, si trova nel foglio seguente. A questo punto la schiera degli scettici potrebbe gonfiarsi. Ma, a opinione di Andriola, in maniera inopportuna perché sarebbe improbabile che esistano due falsi di una stessa agenda. Sarebbero stati inutili. Come è possibile vendere in contemporanea due copie di un documento che difficilmente l’eventuale acquirente avrebbe tenuto per sé? L’ipotesi avanzata da Andriola è che a casa Panvini si «falsificò», sì, ma copiando da un originale piuttosto che inventando di sana pianta.
2. IL NUOVO DIARIO DEL DUCE
Fabrizio D’Esposito per il
“Fatto Quotidiano”
L’epopea infinita dei diari e dei quaderni di Benito Mussolini continua. Adesso è il turno di un’agenda del 1942. Per il Duce è un anno cupo, che termina con una grande depressione. Ci sono la campagna russa e la rovinosa ritirata dell’Armir. Sul fronte africano, c’è la resa di El Alamein. Annota Mussolini, il 29 giugno, mentre è in partenza per l’Africa da Guidonia: “Due sono i mali che mi dilaniano: i traditori e le pazzie di Hitler. Sono entrambi di una importanza enorme”.
Poi il pensiero finale, alla data del 31 dicembre: “Ora sotto di me si è aperto il precipizio”. La scoperta dell’agenda è del mensile Storia in Rete, diretto da Fabio Andriola, storico e giornalista. Nel lungo saggio sul diario inedito, Andriola parte da un suo viaggio in Svizzera e la prima novità riguarda l’approccio con l’anonimo collezionista in possesso dell’agenda.
Rivela Andriola: “ Nessuno ha chiesto o offerto denaro: non l’ha fatto Storia in Retee non l’ha fatto chi ci ha messo a disposizione tutto quello che aveva in originale e non in copia”. Il dettaglio sui soldi non è secondario. Sin dagli Anni Cinquanta attorno ai diari del dittatore fascista si è sviluppato un florido e milionario mercato alimentato da intermediari, faccendieri, falsari e semplici imbroglioni.
Non a caso, Andriola puntualizza all’inizio che la nuova, presunta agenda mussoliniana del ’42 arriva da una filiera diversa da quella dei celebri diari falsi acquistati da Marcello Dell’Utri, il berlusconiano condannato per mafia con la passione per la bibliofilia.
La differenza con i “falsi” di Dell’Utri
Dell’Utri comprò i falsi da un commerciante di Domodossola, da poco morto, e di nome Aldo Pianta, cinque “annate” del Duce: 1935, 1936, 1937, 1938, 1939. A eccezione del 1938, i diari furono pubblicati da Bompiani tra il 2010 e il 2012. Non solo, quando poi lo stesso Dell’Utri ha tentato di accordarsi, per altre strade, con il collezionista svizzero dell’agenda del ’42 pubblicata ora da Storia in Rete, la trattativa è fallita, e non per motivi economici.
Chiarito questo dettaglio, la provenienza del nuovo diario del ‘42 poggia su un’ipotesi classica per gli specialisti della memorialistica del Duce: i misteri e i “vuoti” ancora irrisolti dell’affare Panvini. Era il 1957 e Amalia e Rosetta Panvini, rispettivamente figlia e madre, furono scoperte a Vercelli in un’intesa attività di falsificazione.
Nella loro casa venne rinvenuta una quantità enorme di carte con la grafia di Benito Mussolini, una trentina tra quaderni e agende, compilate tra il 1929 e il 1939. Quali i veri e quali i falsi, scritti dalle stesse Panvini per venderli?
L’affare Panvini e il ministro di Salò
L’epopea dei diari e dei quaderni del Duce comincia in prossimità della fine sanguinosa del 1945. A parte le agende, il dittatore aveva l’abitudine di fissare pensieri e riflessioni in quadernetti. Uno ogni sei mesi. Fino all’affare Panvini era opinione comune degli storici, a partire da Renzo De Felice, il massimo studioso del Ventennio, che i diari del dittatore fossero stati affidati già nel 1944 al barone Shinrokuro Hidaka, ambasciatore del Giappone in Italia dal maggio 1943 e divenuto intimo di Mussolini.
De Felice teorizzò che Hidaka avesse scambiato le carte con gli americani in cambio della libertà e della carriera diplomatica, che infatti proseguì anche nel dopoguerra. Alla fine degli Anni Cinquanta, il processo ad Amalia e Rosetta Panvini, condannate per falso e truffa, portò però alla luce un altro filone, da far risalire all’alessandrino Paolo Zerbino, ministro dell’Interno a Salò, ucciso a Dongo ed esposto insieme al Duce e agli altri gerarchi a Piazzale Loreto, a Milano.
Anche Zerbino aveva un rapporto confidenziale con Mussolini e poco prima del 25 aprile 1945 avrebbe affidato una parte di agende e quaderni a un commissario di polizia di Vercelli: Giulio Panvini, che morì un paio di anni prima che la moglie (Rosetta) e la figlia (Amalia) venissero scoperte.
La copia dagli originali e le carte mancanti
Lo stesso Panvini, prima di morire, aveva ordinato a due tipografie di stampare varie agende degli Anni Trenta e quaranta con indicazioni ben precise. È un chiaro indizio che per la falsificazione dei diari si voleva copiare da un testo originale e rimanerne il più fedele possibile. Il processo alle Panvini sancì che le due fossero solo falsarie e non “copiatrici”. Ma Amalia Panvini, fin quando è vissuta, ha sempre sostenuto di aver copiato da documenti veri. Non solo.
Il coinvolgimento nella vicenda di altri familiari e di un ambiguo avvocato ha fatto sospettare che non tutto il materiale in possesso delle Panvini fosse stato sequestrato. Di qui, appunto, si arriva all’agenda del 1942 che Storia in Rete mette a confronto con un falso delle Panvini, sempre dello stesso anno.
Quest’ultimo venne offerto nel 1967 a un giornale britannico, il Sunday Times, che però poi non lo pubblicò più. Nel raffronto tra le due versioni, l’agenda delle Panvini appare come una copia dell’originale in possesso del collezionista svizzero.
“Hitler emaciato e stanco”

In questa pagine, il Duce usa parole dure per il genero futuro traditore, Galeazzo Ciano, e l’alleato nazista, Hitler. Ecco i dettagli dell’incontro con quest’ultimo il 29 aprile: “Lo trovo emaciato e stanco. A l l’arrivo egli è nel gruppo coi suoi: Ribbentrop Dietrich Borman il ‘Gauleiter’dott. Scheck tutti visi duri arcigni bocche acide, aspetto ferrigno, odiosi!”

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