venerdì 22 maggio 2015

LA FAVOLA DEL WEEK END: LA PRINCIPESSA SUL PISELLO, BY D'ANGELO





Cari lettori, oggi è la volta della PRINCIPESSA SUL PISELLO. Vi propongo due versioni, quella breve di Andersen e una più lunga che contiene elementi aggiunti probabilmente non della fiaba, ma che non modificano più di tanto l’essenza dell’originale; oltre a queste 2 versioni una breve nota su una versione ancora successiva di mano oscura. Al contrario delle fiabe esaminate sin qui, non si hanno tracce di questa fiaba prima della trascrizione da parte di Andersen nel 1835, se non la sua ammissione di averla sentita da bambino. Quindi non si possono rintracciare le fonti e farne un’analisi comparativa. M.D.

Versione narrata da Andersen
C'era una volta un principe che voleva sposare una principessa, ma ella doveva essere una principessa vera, una fanciulla di sangue blu. Perciò se ne andò in giro per il mondo cercando la giovinetta dei suoi sogni. Di fanciulle che affermavano di essere vere principesse egli ne trovò moltissime, ma al momento di sposarsi il principe era assalito da un dubbio: " Sarà proprio una principessa di sangue blu, oppure no? ". Qualcosa, infatti, nel loro modo o nel loro portamento era poco reale e non convinceva del tutto il principe. Egli quindi non si decideva a sceglierne alcuna e, infine, dopo tanto vagare per il mondo, se ne tornò al suo castello, deluso per non aver trovato ciò che desiderava.

Una sera si scatenò un temporale: i lampi si incrociavano, il tuono brontolava, cadeva una pioggia torrenziale: non si era mai vista una bufera così!. Qualcuno bussò alla porta del castello, e il vecchio re si affrettò ad aprire. Era una principessa. Ma come l'avevano ridotta la pioggia e il temporale! L'acqua cadeva a rivoli dai suoi capelli e dai suoi vestiti, e le entrava nelle scarpe, uscendone dalla suola. Tuttavia ella si presentò affermando di essere una vera principessa.

"E' ciò che sapremo presto " pensò la vecchia regina, e senza dire nulla a nessuno entrò in una camera e mise un pisello nel letto che era in mezzo alla stanza. Quindi prese venti materassi, li stese uno sopra l'altro sul pisello, e vi aggiunse ancora venti piumini. Era quello il letto destinato alla principessa sconosciuta. La principessa venne accompagnata nella camera che le era stata destinata, e si coricò.

Ma, per quanto fosse sfinita dalla stanchezza, non riusciva assolutamente ad addormentarsi. Da qualunque parte si girasse, sentiva sempre qualcosa di duro che le dava fastidio. L'indomani mattina, il re la regina e il principe bussarono alla sua porta, le diedero il buon giorno e le chiesero come avesse passato la notte.
- Male! Molto male! - ella rispose - Non ho potuto chiudere occhio! Dio solo sa quello che c'era nel letto!

Era qualcosa che mi ha fatto venire la pelle livida. Che supplizio
ho dovuto sopportare per tutta la notte! Ho provato a guardare fra le lenzuola. Ma non ho trovato nulla.
Il re, la regina e il giovane principe si diedero uno sguardo d'intesa: dalla risposta della fanciulla essi avevano capito che si trattava di una vera principessa! Ella aveva infatti sentito un pisello attraverso venti materassi e venti piumini.

Chi mai, se non una vera principessa, una principessa di sangue blu poteva avere una pelle così delicata e sensibile? Il principe, convinto ormai che si trattava di una giovane di sangue reale, la scelse subito come sposa. Il pisello fu messo nel museo, dove credo si trovi ancora, a meno che qualche persona non lo abbia portato via. Ecco, bambini, vi ho raccontato una storia vera, vera come la bella principessa.



Seconda versione

La principessa sul pisello


Immaginate un grande palazzo, con mille cavalieri, guardie
all’entrata, tante torrette merlate, cento saloni con pavimenti
lucidi come specchi, aiuole fiorite nei giardinetti dei cortili
interni... Immaginatelo magnifico, abitato da dame con vestiti
ricamati d’oro e da nobili signori con la spada al fianco.


Ecco, tanti secoli fa, in mezzo a vasti campi verdi, bagnati
dall’acqua di freschi ruscelli, sorgeva un castello ancor più bello
e sontuoso di come voi l’avete immaginato. Era una reggia di
marmo, grande quasi quanto un intero paese. Lì dentro ci
vivevano più di cinquecento uomini : valletti, ancelle, danzatrici di
corte, camerieri, maggiordomi, cuochi, maestri, musicisti,
cavalieri ed ancora altri innumerevoli personaggi.

All’interno delle mura di questa ricca e regale dimora passava le
sue lunghe e monotone giornate il principe, futuro erede al
trono. Egli era un giovane dal bell’aspetto: aveva modi educati, un
corpo atletico e, con i suoi occhi scuri affascinanti e misteriosi
ed i suoi capelli chiari, era certamente un ragazzo attraente.


Aveva tutto ciò che si possa desiderare dalla vita: ricchezza,
bellezza, intelligenza, salute. Ad ogni suo volere cento servi
erano già pronti per accontentarlo e nessuno aveva mai osato
contraddirlo. Oh, non che fosse un malvagio o un tiranno,
assolutamente no, anzi: era assai clemente con i suoi sudditi e,
proprio per questo motivo, era costantemente circondato da
gente che non lo lasciava nemmeno pensare in pace. Lo
guardavano negli occhi e cercavano di immaginare quale desiderio
stesse provando, allora facevano quasi a gara per soddisfarlo.

D’accordo, aveva tutto, ma in realtà si annoiava tanto, il povero
principe Riccardo!
“Padre, mio Sire, io mi stanco molto in questo palazzo. Voi avete
fatto in modo che io avessi ogni cosa, anche la più inutile, ma le
mie giornate mi paiono così lunghe e noiose. Tutti questi valletti
e camerieri in realtà mi infastidiscono. Padre caro, non sono
neanche libero di pensare o di avere un sogno irrealizzabile. Essi
risolvono sempre tutto". Disse Riccardo al Re, un giorno in cui si
era tediato più del solito.

“Figliolo, dite cosa volete e l’avrete". Ribadì il sovrano, non
avendo ancora capito il vero problema del principe.
“Ehi tu, chiama il prestigiatore di corte, anche le danzatrici,
inoltre fai portare la scimmietta ammaestrata. Non vedi che mio
figlio si annoia?" Ordinò il Re al suo fedele servitore, che gli
stava sempre al fianco.

Immediatamente la sala si riempì di strani individui: ognuno di
loro aveva, a suo dire, qualcosa di stupendo per far divertire il
principe Riccardo, quindi uno alla volta sfilarono al suo cospetto,
inscenando spettacoli da circo.



Il Re batteva le mani felice. Oh, lui si che si divertiva come un
fanciullo.
Quando fu il turno della scimmietta poi, rise tanto da doversi
tenere la pancia. Ma, sul suo trono, il giovane non riusciva
nemmeno ad accennare un timido sorriso. Com’erano stupidi quei
giochi e quelle danze. Non erano i canti, nè gli animali
ammaestrati, ciò di cui aveva bisogno.

Il poverino ogni giorno stava sempre peggio, rifletteva dalla
mattina alla sera, cercando di escogitare qualcosa che gli desse
un po’ di serenità. A che serve essere ricchi, belli, riveriti, se poi
si soffre di solitudine?
Dopo qualche tempo pensò di aver trovato la soluzione al suo
fastidioso problema e, per tre o quattro giorni, sembrò essersi
trasformato in un altro; un giovane allegro e giocondo, come era
giusto per uno della sua età.

“Padre, credo di aver capito cosa voglio dalla vita; desidero
viaggiare. Si, visitare mille e più posti nuovi, dove nessuno è mai
stato. In questo modo sarà proprio impossibile che io mi annoi
ancora. Non siete d’accordo anche voi, padre mio?" Spiegò
Riccardo, finalmente entusiasta per qualcosa.
“Ma che magnifica idea!
Disse il Re, felice per il progetto del principe. "E cosa ne dite se
ordinassi a duecento cavalieri di seguirvi nelle vostre
peripezie?"

“No padre. Non prendetevela a male, ma rinuncio volentieri alla
vostra generosità, preferirei intraprendere questa mia vacanza
da solo". Rispose, il giovane, convinto di non aver chiesto troppo.
“Ma caro Riccardo, voi chiedete troppo!" Ribatté invece il padre.
“Un personaggio importante come voi non può assolutamente
andarsene a zonzo per paesi e città senza neanche la scorta. Se
volete davvero fare questo viaggio dovete almeno portarvi
qualcuno che vi sorvegli".

Concluse il sovrano. Il giorno dopo era già tutto pronto: sulla carrozza migliore, con un grande stemma inciso sullo sportello, stava seduto a cassetta, col frustino in mano il cocchiere più abile, mentre un buon numero di cavalli e cavalieri seguiva la vettura. All’interno del mezzo, appoggiato ai bei cuscini di velluto rosso, Riccardo aspettava impaziente che il cammino avesse inizio.

Che posti meravigliosi poté visitare, in quelle settimane di
lontananza, da casa. Attraversò il deserto, scalò montagne,
guadò fiumi e navigò sulle acque degli oceani.

Andò in Oriente e conobbe l’imperatore della Cina: che strane
abitazioni si usavano in quei luoghi e com’era cordiale quella
brava gente dalla pelle gialla e gli occhi a mandorla. Andò in
Africa e il re del Continente Nero lo volle suo ospite per tre
mesi: tutte le sere, al tramonto del sole, venti ballerine dalla
pelle scura, lucida e profumata di olio di cocco trattenevano gli
invitati con danze romantiche ed affascinanti.

Poi decise di andare in Europa e lì scoprì le città più antiche e ricche di storia che ci si possa immaginare: Roma, Atene, i paesi del Nord e mille altre località straordinarie... Ma, dopo un anno di assenza da casa, cominciò a provare il desiderio di rientrare al proprio palazzo, probabilmente sentiva la mancanza di mamma e papà.

Certo è che, dopo aver visto il mondo in lungo e in largo, tanto che nessun paese aveva più angoli oscuri per lui, ecco, dopo una simile avventura, aveva iniziato nuovamente ad annoiarsi per
tutto ciò che lo circondava. Non c’era più nulla che egli potesse
fare in giro per il globo, era stato divertente fare la conoscenza
di nuovi popoli, apprezzare anche le tradizioni di chi abitava
lontano da lui, ma ora era proprio arrivato il momento di tornare
a casa.

Così radunò la sua scorta di cavalieri e, a bordo della sua
carrozza, iniziò il viaggio di ritorno in patria.
Dentro la sua comoda vettura, Riccardo osservava dal finestrino i
paesaggi scorrere lentamente e già cominciava a preoccuparsi
per cosa avrebbe fatto una volta giunto nel suo regno. Ma come
ci si stancava a percorrere mille miglia tutti i giorni! Dopo ore e
ore di cammino ininterrotto, il principe decise di fermarsi per
riposare un po’. Il luogo dove si trovavano era piuttosto isolato:
una stretta stradina polverosa che attraversava enormi distese
di campi verdi.

All’orizzonte, sullo sfondo, si scorgeva una
casetta di contadini e, nell’arco di chilometri, quella era l’unica
abitazione che avessero visto.
“Cocchiere, fermatevi, proveremo a chiedere ai padroni di quella
capanna laggiù se ci accolgono per un’oretta, solo il tempo per
ristorarci e riprendere il viaggio”. Disse il principe al conducente
della carrozza.


Il giovane non si sarebbe mai aspettato un’accoglienza così
affettuosa e cordiale da parte di gente tanto umile e modesta,
eppure i due contadini, marito e moglie, furono estremamente
gentili nei confronti di Riccardo e dei suoi cavalieri. Non erano
ricchi, ma li ospitarono in grande allegria, offrendo loro cibi
genuini e latte fresco, tutto frutto del lavoro dei loro campi.

Era una coppia che sapeva trasmettere a chi stava vicino una
serenità d’animo che il principe non aveva mai visto altrove. Ecco
cosa aveva cercato ovunque per tanti mesi: quell’espressione di
gioia negli occhi. Una gioia che non era riuscito ad ottenere né
viaggiando, né guardando gli spettacoli dei saltimbanco. Era solo
l’amore che rendeva cosi felici di vivere, ora lo sapeva e avrebbe
fatto di tutto per trovarlo (non si capisce a questo punto perché si fosse impuntato per sposare una principessa di rango, dal momento che era stato colpito dalla semplicità e dall’amore di gente comune!).

Con questa nuova certezza nel cuore volle riprendere al più presto il ritorno verso casa, già meditando un possibile modo per risolvere il suo problema.
Vi furono grandi festeggiamenti a palazzo quando il figlio del Re
varcò le mura del castello : erano quasi due anni che mancava da
casa e tutti ne avevano sentito la mancanza. Ma non c’era tempo
da perdere: Riccardo non voleva aspettare oltre, doveva trovare
una principessina tutta per sè da amare e da cui essere amato.

“Padre, ho preso una decisione: voglio bandire un concorso
riservato alle principesse, provenienti da qualunque parte del
mondo, ma che siano veramente figlie di Sovrani. Voglio
sposarmi, solo cosi sarò finalmente felice” disse il ragazzo.
“Ma, figliolo, voi avete sempre delle idee davvero fantastiche. La
trovata del concorso è intelligente: in questo modo sarete sicuro
di avere di fronte una fanciulla nobile". Rispose il vecchio,
battendo le mani per la contentezza.

Due giorni dopo, fuori dalle porte del palazzo c’era già una lunga
fila di belle giovinette vestite elegantemente, tutte
accompagnate o da un valletto o da un’ ancella, che attendevano
di entrare per essere giudicate direttamente dal principe.
Sembravano tutte ugualmente carine, ma, a guardarle bene,
ognuna di loro aveva un difetto. Una era talmente bella che
Riccardo era già sicuro di aver trovato la sua futura compagna,
ma quando quella si mise a parlare fu una vera delusione: aveva
una voce cosi gutturale da sembrare un uomo.

Fu poi la volta di una fanciulla dai lunghi capelli biondi. Com’era affascinante, si, ma cos’aveva sul volto? Un grosso brufolo in mezzo alla fronte! Ma com’era difficile conoscere una principessa bella, simpatica, intelligente senza difetti. Riccardo non avrebbe mai creduto di dover fare tanta fatica per trovare qualcuna alla sua altezza. Da ultima entrò nel grande salone, dove si svolgeva il concorso, una piccola stracciona. Forse con il viso lavato, i capelli intrecciati e un vestito aggiustato non sarebbe stata tanto brutta, ma
certamente non poteva pretendere di essere confusa con una
principessa.

Non aveva con sé nemmeno la scorta.
Cosa volete, ragazzina?" Chiese il Re alla fanciulla.
Voglio partecipare al concorso. Sono anch’io figlia di un ricco
sovrano, ho percorso paesi e città per giungere fin qui, sono
stata anche derubata da un gruppo di briganti, che hanno
distrutto la mia carrozza e ucciso il valletto che mi
accompagnava.

Mettetemi alla prova e scoprirete che non vi ho
ingannato”. Disse la ragazzina dai capelli scompigliati.
"Padre caro, madre devotissima, questa giovinetta mi
incuriosisce moltissimo. Escogitiamo una difficile prova per
vedere se dice la verità". Disse il principe ai suoi genitori.
Allora la portarono in una lussuosa camera da letto arredata con
mobili pregiatissimi e le dissero di riposare tranquillamente.

Il mattino dopo sarebbero andati a prenderla e, se avesse superato
l’esperimento, le avrebbero dato abiti signorili e sul suo capo
avrebbero posto una corona d’oro. Ma che strano letto le
avevano preparato! Si trattava di venti materassoni di piuma
d’oca, messi uno sopra l’altro. Facevano venir veglia di dormire
anche solo a guardarli, erano soffici soffici e lì sopra non
avrebbe avuto problemi a riposare tutta la notte.

La fanciulla allora si arrampicò sulla pila di materassi e si sdraiò con l’intento di non svegliarsi fine all’indomani. Ma che fatica prendere sonno, quel letto stravagante non era affatto morbido, anzi, c’era da
qualche parte una punta dura che non permise alla ragazzina di
chiudere occhio. Continuò a girarsi e rigirarsi nella speranza di
trovare una posizione comoda, ma furono tentativi inutili: quel
fastidioso gnocco non se ne andava.

Arrivò il mattino e finalmente la giovinetta poté liberarsi di quel
martirio, quando il Re e la moglie arrivarono insieme ad Riccardo,
stava già aspettandoli da un bel pezzo.
“Allora, fanciulla, come vi siete trovata in cima a questa
montagna di materassi di piuma d’oca?" Le chiesero quando la
videro.

“Se devo essere sincera vi dirò che non ho proprio chiuso occhio.
Sarà anche piuma d’oca, ma vi assicuro che è stato impossibile
dormire con quel duro sotto la schiena". Rispese lei, convinta di
aver perso.
Allora la regina andò vicino al letto e da sotto l’ultimo piumino
tirò fuori un verde pisello, tanto piccolo che a stento lo si
vedeva.

“Oh, voi siete certamente una principessa, solo una nobile
giovane si sarebbe accerta di avere un pisello sotto venti
morbidi materassi, avete superate la prova e a me sembra di
volervi già bene". E cosi dicendo, Riccardo depose sul capo della
principessa una splendente corona d’oro. Con una simile compagna d’ora in poi non si sarebbe annoiato mai più. Anzi, si prospettava una vita veramente interessante al fianco di una fanciulla così unica.


NOTE
La principessa sul pisello - titolo originale  “Prindsessen paa Ærten”

La principessa sul pisello (Prindsessen paa Ærten) è una fiaba danese scritta da Hans Christian Andersen nel 1835. Fa parte del primo volume di fiabe di Andersen Eventyr, fortalte for Børn. Malgrado non sia stata riscontrata alcuna versione orale danese della fiaba precedente alla pubblicazione, Andersen ha dichiarato di averla sentita quando era bambino.

La storia
C'era una volta un principe che viveva in un regno prospero. Raggiunta la giusta età, sua madre la regina decise che era il momento di cercargli una sposa. Il principe non voleva sposare una ragazza qualsiasi, ma solo colei la quale si fosse dimostrata una "vera principessa". Quindi viaggiò per il mondo e cercò in tutti i regni, ma non trovò la principessa che lo soddisfacesse.

Il principe era molto sconsolato, ma la madre lo rincuorò, dicendogli: “Quando meno te l’aspetti, la fortuna capita, sta fuori dalla porta e non c’è che da aprirla”. E avvenne proprio così. Una notte di tempesta, una ragazza bussò alla porta del castello, dicendo di essere una vera principessa. Sebbene nessuno le credesse, fu invitata a rimanere per la notte.

La regina decise di metterla alla prova e, prima che le fosse assegnata la stanza, fece preparare il letto mettendo un pisello sotto una serie di 20 materassi, 20 guanciali e 20 cuscini, al di sopra del quale fu preparato il giaciglio per la notte (una versione successiva indica che la regina mise 3 piselli sopra il materasso, uno all’altezza del capo, uno all’altezza dei piedi e il terzo al centro, e poi fece posare altri sei morbidi materassi, le lenzuola e un piumino).

La mattina dopo, al risveglio, la regina chiese alla ragazza come avesse dormito: la ragazza rispose che non era riuscita a chiudere occhio perché c'era qualcosa di duro nel letto che le aveva dato fastidio. La regina, felicissima di questa risposta, dichiarò che solo una vera principessa poteva avere la pelle tanto delicata da percepire la presenza del pisello, ed ordinò di far celebrare immediatamente il matrimonio.
Il modo di dire (e un po’ di ragionamento)
Essere come la principessa sul pisello è divenuto un comune modo per denigrare un atteggiamento altezzoso e snob: anche i minimi dettagli procurano fastidio e turbano la persona a cui si fa riferimento. Ad un primo approccio la fiaba sembra solo l’ennesima conferma di ciò che i regnanti di ogni tempo hanno fatto, e cioè sposare e far sposare ai loro figli il meglio dell’aristocrazia di alto livello esistente, per consolidare il potere e la ricchezza (almeno a me ha fatto questa impressione di primo acchito).

Qualcuno potrà dire che anche in altre favole si ritrova nello sfondo lo stesso concetto; e probabilmente in parte è vero (vedi Biancaneve e la Bella Addormentata nel Bosco), ma in quelle altre fiabe c’è un’elaborazione del racconto e altri risvolti narrativi e moralistici che ci fanno ben capire il vero messaggio delle favole, che non è il messaggio apparente della Principessa sul Pisello, come Principessa di sangue blu, unica degna di entrare nelle grazie del Principe di turno, ma che il Principe alla fine trova una persona con splendide doti che vanno al di là della nobiltà esteriore, che si chiami Biancaneve o Cenerentola non ha importanza.

Sia Biancaneve che La Bella Addormentata sono ragazze sfortunate che trovano alla fine una salvezza alle loro sfortune; non ho parlato di Cenerentola e Raperonzolo - quest’ultima di prossima pubblicazione - perché non erano delle principesse, ma il finale della favola è sempre lo stesso: “E vissero per sempre felici e contenti”.
In realtà, e veniamo al vero significato della favola, la favola insegna che la richiesta di una Principessa da parte del Principe non è un capriccio ma la consapevolezza di un suo disagio e una richiesta di comprensione.

Questa fiaba popolare, tanto breve quanto profonda, ha solo parzialmente a che fare con la denigrazione degli atteggiamenti altezzosi e raffinati degli snob e con la necessità per i Principi di sposare una Principessa di sangue blu. Il tema centrale è un altro. Quando giudichiamo i nostri simili (e il mondo in generale) solo con gli occhi dell'analisi e della razionalità rischiamo di non riconoscere e cogliere la loro unicità.

Così fanno il re e il principe che vagliano tutte le fanciulle secondo il curriculum, i vestiti, le sembianze. Ma questa rigorosa valutazione dell’aspetto esteriore rischia di far cacciare via per sempre dal loro regno proprio la principessa vera (e in questo ci ricorda molto la prova della scarpetta di Cenerentola).

Meno male che c'è la regina, che con la sua sensibilità tipicamente femminile apre uno spiraglio e risolve la situazione con la fatidica prova del pisello (uno o tre non fa differenza). 
Questa fiaba insegna a noi tutti che dalle nostre emozioni pure e dalla spontaneità con cui ci si affida agli istinti dipende la chiave della nostra fortuna.
Adattamenti
Cinema
La principessa sul pisello (Printsessa na Goroshine), 1976, film di Rytsarev Boris con Malysheva Irina, Podoshyan Andrei e Freindlikh Alissa.
TV
La principessa sul pisello (Shelley Duvall's Faerie Tale Theatre), 1984, episodio di Tony Bill con Liza Minnelli e Tom Conti.

Fonte parziale: Wikipedia

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