martedì 3 marzo 2015

EMERGENZA ETERNIT: COSA POSSIAMO FARE? DOPO LA SENTENZA, SE NE DISCUTE VENERDI' 6 MARZO PRESSO IL BAR MENCAGLI DI MONTEU , DALLE ORE 21.00


1 commento:

  1. La Corte di Cassazione ha depositato, lunedì 23 febbraio 2015, le motivazioni che l'hanno spinta a dichiarare prescritto, nella vicenda Eternit, il reato di disastro ambientale, con l'annullamento dei risarcimenti, stabiliti dai giudici di merito di Torino, alle vittime.

    (Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza n. 7941/15; depositata il 23 febbraio)
    Disastro prescritto. Lo scorso 19 novembre, la Corte di Cassazione aveva ribaltato la decisione della Corte d'appello di Torino nel caso Eternit: prescrizione del reato di disastro ambientale e annullamento dei risarcimenti in favore delle vittime. Oggi, è stata depositata la sentenza n. 7941, che illustra le motivazioni della decisione.

    Tempi troppo lunghi. A partire dall'agosto del 1993, «non poteva ignorarsi a livello comune l'effetto del rilascio incontrollato di polveri e scarti prodotti dalla lavorazione dell'amianto, definitivamente inibita». Da tale data, «a quella del rinvio a giudizio (2009) e della sentenza di primo grado (del 13 febbraio 2012) sono passati ben oltre i 15 anni previsti» per la maturazione della prescrizione.

    Di conseguenza, «per effetto della constatazione della prescrizione del reato, intervenuta anteriormente alla sentenza di primo grado», vengono a cadere «tutte le questioni sostanziali concernenti gli interessi civili e il risarcimento dei danni».
    Gli sbagli di Tribunale e Corte d'appello. L'errore dei giudici di merito, in primo grado, è stato di aver confuso la permanenza del reato con la permanenza degli effetti del reato. A ciò, aggiungono gli Ermellini, si aggiunge lo sbaglio della Corte d'appello, che «ha inopinatamente aggiunto all'evento costitutivo del disastro eventi rispetto ad esso estranei ed ulteriori, quali quelli delle malattie e delle morti, costitutivi semmai di differenti delitti di lesioni e di omicidio».

    Errore di imputazione. La Corte di legittimità sottolinea che l'imputazione di disastro a carico dell'imprenditore Stephan Schmidheiny non era quella più giusta da applicare per il rinvio a giudizio: «la Corte d'appello, che, pur riconoscendo che l'evento integrante la fattispecie del capoverso dell'art. 434 c.p. deve essere voluto, fa rientrare in esso lesioni e morti (...), finisce al contrario per abbracciare una tesi che implicherebbe che l'art. 434 c.p. rende punibile con pena massima a 12 anni la condotta di colui che dolosamente provoca, con la condotta produttiva di disastro, plurimi omicidi, ovverosia una strage». Una scelta, «insostenibile dal punto di vista sistematico, oltre che contraria al buon senso».

    MAURIZIO D'ANGELO

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