Racconto veritiero di una storia solo in parte
supposta, il romanzo cresce e concresce scortato dalla luna. Tutto era
lecito allora, nel Seicento, a Palermo, fuorché ciò che era lecito.
(...) Tra le pompe di un dovizioso apparato, con maggiordomi, paggi,
maestri di casa e scacazzacarte, e in mezzo a uno strisciar di
riverenze, di ludi e di motteggi, era tutto un rigirar di scale e porte:
un far complotti, ordire attentati, muover coltelli e insanguinar le
mani; violar le leggi, collezionar prebende, metter tangenti, dispensar
favori e accudir parentele; abusare, predare e ladroneggiare, intorbidar
le acque; industriarsi nel vizio, puttaneggiare e finger compassione e
trepida carità per il sesso più giovane, e derelitto, mentre un'enfasi
scenica e profanatoria provvedeva ai corrotti desideri con burlesques di
tonache coi fessi aperti dietro e dinanzi. L'illegalità lavorava a
pieno servizio. Era il predicato forte della politica del Sacro Regio
Consiglio, e delle sue mosse proditorie, dapprima alle spalle di un
Viceré che la malattia aveva reso tardo e lento, grave di carne
tremolosa, dirupato e assopito sul suo carcassone; e poi contro la sua
vedova, donna Eleonora di Mora, senza paragone diversa, lucidamente
ferma e decisa nella difesa delle leggi e della giustizia sociale, da
lui designata a sostituirlo in caso di morte improvvisa. Fu così che,
nel 1677, la Sicilia ebbe un Viceré "anomalo". Un governatore donna."
(Salvatore Silvano Nigro)
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